La gigantesca partita che si sta giocando sul fronte energia

L’invasione russa dell’Ucraina è un colpo di coda del ‘900 che ci precipita in un mondo radicalmente diverso da quello che stiamo costruendo ed abbiamo imparato ad apprezzare negli ultimi decenni. Quel tipo di mondo è dominato da risorse strategiche, da contese territoriali e lotte di potere. Domina la concezione dei beni privati che sono per loro natura rivali ed escludibili. Un giacimento di minerali preziosi o di fonti di energia fossili (gas, petrolio) è necessariamente o mio o tuo e così un pezzo di territorio. Su questi beni privati rivali ed escludibili si scatenano rivalità e contese facendo riferimento a rivendicazioni storiche.

Il mondo in cui molti dei nostri giovani vivono (e per questo fanno fatica a comprendere quello che sta accadendo) è fatto di beni di rete. I beni di rete hanno caratteristiche completamente diverse perché sono beni condivisi il cui valore cresce al crescere dei membri della comunità che ne partecipano. Ciò che conta non è la proprietà contesa tra diversi soggetti ma l’accesso e l’interconnessione con gli altri soggetti che vi accedono. Il contenuto che creo e immetto nei social media ha tanto più valore quanto più è rilanciato e condiviso e questo è possibile quanto più grande è la comunità che partecipa a quel bene di rete. Per questo motivo il valore dei beni di rete cresce al crescere del numero dei partecipanti alla comunità e condivisione e relazioni sono valori fondamentali.

Questa gigantesca partita si sta giocando anche e soprattutto sul fronte dell’energia. Le fonti fossili fanno parte del primo mondo mentre l’energia rinnovabile e soprattutto l’organizzazione del suo utilizzo che si chiama comunità energetica fa parte del secondo.

Fino a prima della guerra ritenevamo di dover procedere con celerità verso la transizione ecologica (con obiettivo emissioni nette zero nel 2050 e 70% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030) per motivi di salute e clima. E’ infatti ben noto che eolico e fotovoltaico sono le scelte migliori da questi due punti di vista mentre le fonti fossili, carbone in primis seguito da petrolio e gas hanno impatto notevole in termini di inquinamento dell’aria e rischi per la salute da una parte e produzione di emissioni climalteranti dall’altra. Inoltre, già prima della guerra, sapevamo che dallo stesso punto di vista dei costi l’enorme diffusione a livello mondiale dei pannelli solari e pale eoliche e le economie di scala e progresso tecnologico nella loro produzione aveva reso i costi della produzione di energia da fonti rinnovabili più bassi di quelli di tutte le altre fonti di energia.

Dopo lo scoppio della guerra sappiamo anche che le fonti rinnovabili convengono anche dal punto di vista della volatilità dei prezzi e della pace (abbiamo visto quello che è accaduto al prezzo del gas e del petrolio e non dobbiamo mai dimenticare che col prezzo del gas sopra i 43 euro per chilowattora Putin finanzia con i suoi profitti le sue guerre e i carri armati che invadono l’Ucraina).

Per questo motivo è folle pensare che la soluzione della crisi che stiamo vivendo (che è anche crisi di bollette che mette in grande difficoltà famiglie e imprese) si risolva rallentando e non accelerando la transizione ecologica. Ma c’è di più. Chi è stato lungimirante e ha anticipato il cambiamento oggi ci dimostra che è proprio questa la via. Tre esempi. Le famiglie che hanno vetture elettriche, ibride, plug-in o hanno scelto altre forme di mobilità dolce non soffrono o soffrono in maniera limitata l’impatto dell’aumento del prezzo della benzina o del gasolio sui loro bilanci. E il costo di una vettura di questo tipo confrontata con quelle tradizionali va fatta calcolando proprio il costo del rifornimento durante tutto il ciclo di vita non soltanto il prezzo di acquisto. Secondo, le imprese che hanno messo in passato pannelli fotovoltaici sui capannoni oggi sono autonome dal punto di vista dell’energia e hanno un vantaggio competitivo rispetto a quelle che rischiano di chiudere per il caro gas. Terzo, chi già si è organizzato o conta di organizzarsi in comunità energetiche diventa prosumer, ovvero produttore e consumatore di energia limitando i costi in bolletta e potendo godere dei premi per l’autoconsumo e del guadagno dell’eccedenza di energia prodotta ceduta alla rete.

Se vogliamo un futuro di pace dove l’energia non sia un bene privato strategico per il quale si fanno guerre o si possono ricattare paesi dobbiamo muovere rapidamente verso questo modello di comunità energetiche fatto di una miriade di piccoli produttori decentrati e diffusi sul territorio. Dove beni di rete, condivisione ed accesso arricchiscono e non dividono.