E se un'impasse di governo fosse positiva?

L’esito di questa tornata elettorale, ormai, è assodato con il Movimento 5 Stelle come primo partito d’Italia, la coalizione di centrodestra come forza di maggioranza relativa e con il crollo verticale del centrosinistra, sia nella coalizione con a capo il Pd sia con partitelli che sono nati negli ultimi mesi.

La cosa più significativa è che, allo stato attuale, nessuno abbia la maggioranza numerica per poter sostenere un governo e questo è un punto su cui non si può non accendere una seria riflessione.

Sicuramente tramonta la visione di molti del M5s come partito, sostanzialmente, di destra poiché, rispetto alle ultime tornate elettorali, il centrodestra ha guadagnato posizioni, recuperando parte del suo elettorato mentre i voti in fuga dal centrosinistra in parte sono confluiti sui pentastellati (che hanno convinto anche parte degli astensionisti degli scorsi anni a tornare alle urne) mentre altri hanno rimpinguato il fronte dei non votanti mantenendolo, complessivamente, piuttosto stabile.

Il punto focale, però, è cosa ci si può attendere da una situazione simile. Inutile ipotizzare oggi degli scenari futuri relativi a possibili alleanze di governo che, per la loro natura necessariamente pattizia, porterebbero alla redazione di una road map di azioni da intraprendere che renderebbe impossibile la realizzazione di tutte le promesse elettorali di questo o quello schieramento, concentrandosi, invece, sugli interventi ritenuti più importanti e condivisi dai membri dell’eventuale Grosse Koalition all’italiana; meglio, quindi, pensare a cosa succederebbe se una maggioranza non si trovasse benché, fino al 25 marzo quando i neoeletti dovranno confermare i gruppi di iscrizione, ogni scenario resterebbe formalmente aperto.

Nell’ipotesi di un mancato accordo si verificherebbe una vera e propria empasse politica che non potrebbe vedere la nascita di alcuna forma di governo che possa ottenere la fiducia delle camere e l’azione del governo pro tempore uscente si limiterà all’ordinaria amministrazione non potendo prendere alcuna decisione.

Preso atto di questa impossibilità di continuare l’azione di Governo la parola passerebbe al Presidente della Repubblica che potrebbe nominare un governo del Presidente o un governo tecnico con un mandato (e.g. legge di bilancio e legge europea) per poter tornare alle elezioni quanto prima ma nel mentre si assisterebbe a una vera e propria paralisi dello Stato.

Ci sono stati dei precedenti, ovviamente, dalla Germania negli ultimi mesi, alla Spagna tempo fa ma, ancor più, al Belgio che per alcuni anni, dal 2010 in avanti, si è trovato nell’impossibilità di eleggere un governo stabile sostenuto da una maggioranza e i vertici dello stato hanno potuto solo gestire, come si accennava poc’anzi, l’ordinaria amministrazione.

Incredibilmente (ma neanche tanto), in quegli anni, i conti dello stato migliorarono non potendo deliberare nuova spesa pubblica e il deficit tornò sotto controllo.

Immaginiamo una situazione simile in Italia…

Vero, nessun reddito di cittadinanza, nessuna riduzione d’imposta o flat tax, nessun rinnovo contrattuale per i dipendenti del settore pubblico (che però c’è già stato), nessun incremento degli investimenti ma neppure alcuna nuova balzana trovata burocratica per indirizzare l’economia, alcun nuovo capitolo di spesa, nessun incremento del debito pubblico, nessun aggravio fiscale, soprattutto sui punti più caldi per la ripresa come l’energia, etc.

Stante lo strutturale avanzo primario nei conti dello Stato questo potrebbe, quindi, permettere addirittura una “sindrome belga” che spinga, quindi, anche il debito italiano lentamente a contrarsi e a stabilizzare la crescita economica che, finalmente, il Paese ha ritrovato dopo anni di recessione sfruttando quelle poche riforme già portate a buon fine che stanno entrando oggi a regime e che permettono la ripresa produttiva italiana.

Nel frattempo anche le forze politiche avrebbero il tempo di riorganizzarsi, rinnovarsi espellendo gli orpelli di un passato che non vuole concedersi alla storia per giungere a offrire una nuove visione concreta alla nazione e permettere, con la elezioni seguenti di poter schierare forze più competitive e che possano veramente puntare al governo senza ricorrere a idee fortemente immaginifiche, come il reddito di cittadinanza o la flat tax tout court (che personalmente ritengo inutile se non inserita in un progetto organico di riforma del fisco), ma che potrebbero risultare solo dei placebo momentanei se non delle iniziative dannose a livello di sistema.

Utilizzando una frase fatta, quindi, si potrebbe dire che “non tutto il male viene per nuocere” e la situazione che è stata dipinta dalle urne potrebbe rappresentare un serio punto di riflessione per tutti con conseguenze di sistema anche positive, soprattutto se inserite in uno scenario di ripresa economica.

In ogni caso si sta parlando di mere ipotesi che, magari, la Real Politik renderanno completamente campate per aria anche solo nelle prossime settimane.