Cosa ci rende davvero felici?

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Sappiamo ancora come godere le cose, essere felici? In un’epoca in cui il benessere, la soddisfazione e la realizzazione di sé diventano fondamentali, sembrerebbe che ci sia più gioia nel mondo. Per rispondere a questa domanda, però, dobbiamo chiederci qualcosa di più fondamentale: cosa ci dà gioia davvero, cosa ci rende veramente felici? Una risposta sincera non è facile, perché richiede onestà e una conoscenza abbastanza approfondita di se stessi, che oggi, con la moltitudine di impressioni esterne e la preoccupazione di apparire il più possibile buoni agli occhi degli altri. La domanda su cosa ci dà gioia e rende felici riguarda ciò che abbiamo nel cuore, ciò che può rendere felice il nostro cuore e darci la vera felicità. È allo stesso tempo una riflessione sulla frase altrimenti nota e molto eloquente del Signore Gesù: Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore (Matteo 6, 19). La gioia è uno stato del cuore, il secondo frutto dello Spirito (Galati 5:22), dopo l’amore! È qualcosa di altamente desiderabile e allo stesso tempo molto fragile. Basta ricordare quante volte la Bibbia invita alla gioia e in quante circostanze difficili lo fa. In questo senso, la gioia può essere pericolosa. La tristezza vale più del riso; poiché quando il viso è afflitto, il cuore diventa migliore (Eccl. 7, 13).

Il Nuovo Testamento, anche se per il suo stesso nome dovrebbe evocare la gioia come buona notizia, rivela ancora di più il grande prezzo della gioia. Le parole del titolo dell’enciclica di Papa Francesco sulla santità, Gaudete ed exsultate, sono un incoraggiamento a coloro che soffrono persecuzioni per il Signore Gesù: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. (Matteo 5, 11-12). Si potrebbe dire che la vera gioia biblica deve nascere nel dolore e nelle lacrime

Nel frattempo, nel Vangelo di oggi, Gesù parla tanto di gioia. Lo fa nel contesto del Regno di Dio. Trovarlo dovrebbe dare una gioia così grande da far svanire tutto ciò che lo circonda. E non si tratta di una gioia superficiale e facile. È il frutto di molti sforzi ma anche di una grande consapevolezza. Le persone raffigurate nel Vangelo – il collezionista di perle, il commerciante o i pescatori – sono persone che sanno cosa vogliono. Sono determinati e investono tutto quello che hanno per ottenerlo. Questo ci rivela una verità fondamentale sul Regno di Dio: non è qualcosa che può accadere per caso. È sempre il frutto della ricerca, della fatica e delle relative tensioni. La sua visione, o almeno il suo presentimento, deve comunque essere presente nel cuore. Così come un collezionista di perle conosce il valore della sua collezione o un mercante il valore della sua merce, per non parlare dei pescatori che sanno distinguere il pesce buono da quello cattivo. In tutto questo, però, si nasconde un’altra domanda fondamentale: il pensiero del Regno di Dio ci fa gioire abbastanza da impegnarci a cercarlo? Ci offre davvero la prospettiva di felicità?

Oggi, tutto è istantaneo, quasi pronto per l’uso. Lo sforzo diventa persino scomodo e problematico. Gli esperti sono sempre meno. Basta una pubblicità insistente e ci viene già detto di cosa abbiamo bisogno e cosa ci darà gioia e felicità. È per questo che le questioni di fede, del Vangelo, del Regno di Dio “perdono terreno” rispetto alle offerte facili e immediatamente soddisfacenti del mercato delle varie gioie facilmente reperibili. Se ora ci chiediamo se il Regno di Dio è davvero una gioia per me, possiamo esplorarlo concretamente confrontando il tempo, l’attenzione e l’impegno dedicati a questo tema con il tempo, l’attenzione e l’impegno dedicati ad altre gioie. Notiamo che queste ultime sono strutturate in modo tale che dare un certo grado di gioia termina presto di essere sufficiente. Bisogna quindi cercare nuovi sostituti. E così via all’infinito. E qui vediamo l’unicità e la grandezza del Regno di Dio: Anche se richiede e costa denaro, non si rivelerà mai un sostituto, non si annoierà mai e non comanderà la ricerca di forme sostitutive. È questo che il Signore Gesù vuole dire con dolcezza oggi, riferendosi in qualche modo alle parole del profeta Isaia:

“O voi tutti che siete assetati, venite alle acque;
voi che non avete denaro
venite, comprate e mangiate!
Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!
Perché spendete denaro per ciò che non è pane
e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia?
Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono,
gusterete cibi succulenti!” (Isaia 55, 2)

Il Signore Gesù lo ha spiegato in un altro luogo: “Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia”. (Giovanni 16, 20-23)