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Il vaccino contro la tentazione

Non bastano le difficoltà normali della nostra quotidianità, gli ostacoli naturali e le sfide che gli altri ci pongono? La vita è, di per se, già tanto pesante e condurne una in modo degno è già tanto: perché dobbiamo affrontare anche delle prove extra? Siamo un giocattolo nelle mani di Dio?

La problematicità dei tempi che viviamo ci porta a fare sempre più stesso questi pensieri. E qui, di nuovo, torna l’immagine di Cristo tentato dal Diavolo. Si, ci diciamo, ma Gesù è Dio, per lui era facile… Forse, ragioniamo, aveva bisogno di un po' di allenamento prima di iniziare la sua missione. 

La tendenza a negare la necessità e l’importanza delle prove, con l'attitudine a sminuirne la portata, è tipica dei nostri tempi. Non siamo disponibili ad andare oltre quella che è la mera accettazione dei fatti quotidiani. Neghiamo l’”ascesi attiva”, tanto presente in passato, preferendo quella “passiva”. In questo discorso finisce anche la grazia, che, pensiamo, non abbia bisogno dei nostri sforzi per farci visita. Crediamo non ci sia bisogno di essere attivi. 

Con questo atteggiamento è molto facile cancellare quasi tutta la tradizione monastica e ascetica della Chiesa. Per fortuna in soccorso ci viene Gesù stesso: prima di iniziare la sua missione salvifica si reca nel deserto. “Non doveva!”; “Era una cosa extra!” “Cosa cercava?”, sono alcune delle cose che pensiamo leggendo il passo del Vangelo di Luca. L'espressione “guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo (Luca 4, 1-2)” è molto misteriosa. Tuttavia ci comunica due cose chiare: 1) la necessità di un'esperienza ascetica svolta fuori dalla vita quotidiana, proveniente dalla nostra propria attività, ovviamente ispirata dallo Spirito Santo; 2) il legame di questa prassi ascetica con le tentazioni. Questo ultimo motivo è essenziale per la tradizione monastica che cerca proprio di riprendere l’esperienza del deserto di Gesù, vista sempre come un esercizio, un allenamento per superare bene le prove della vita. Abba Poemen, nel riferimento alla lettera di San Giacomo, ha detto che la tentazione è una buona cosa perché rende un uomo saldo.

Non basta, quindi, mantenere un atteggiamento solamente passivo? Sembra di no. Siamo troppo deboli. O troppo pigri e orgogliosi. L’esperienza del deserto ci mostra il vuoto delle nostre possibilità, aprendoci totalmente alla grazia di Dio. Solo questa ci permette di superare le normali difficoltà. Quando queste sembrano sovrastarci dobbiamo far crescere la presenza della grazia nella nostra vita. Gesù, e la tradizione monastica da Lui ispirata, ci mostrano come. Il meccanismo in effetti è molto semplice. Funziona come un vaccino. Dobbiamo prenderlo per essere resistenti ai batteri e ai virus che minacciano la pace e la santità della nostra vita quotidiana.

padre Bernard Sawicki

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