Il professore Daniel Pommier, docente dell’Università La Sapienza di Roma, si occupa di trasformazioni politiche nel Caucaso meridionale, con particolare riferimento ai processi di State Building in Azerbaigian nel XX secolo, ha inviato una risposta all’articolo pubblicato da Interris.it “Cosa si nasconde dietro il conflitto tra Armenia e Azerbaijan” redatto dal professor Grigor Ghazaryan. Pubblichiamo il contributo del prof. Pommier.
Non conosco i lavori del prof. Ghazaryan ma spero che seguano una metodologia di raccolta delle fonti e dei dati con un criterio di scientificità, a differenza del tono della sua missiva. Capisco lo spirito patriottico e di parte. E’ ampiamente legittimo che il professore sostenga il punto di vista armeno e non voglio entrare nella questione degli incidenti del 16 novembre. Ma scrive alcune cose ampiamente insostenibili e, come studioso che si occupa di Caucaso e di Nagorno Karabakh da oltre un decennio, vorrei ricordare che:
1) l’Azerbaigian non si vuole impossessare di nessun territorio altrui. Tutte le sue operazioni durante la guerra dei 44 giorni sono state condotte all’interno del suo territorio nazionale internazionalmente riconosciuto. Si può anche non essere d’accordo e desiderare qualcosa di diverso, ma l’entità separatista nota come “Repubblica di Artsakh” è un’organizzazione illegale secondo il diritto internazionale. Piaccia o non piaccia. Tutto il mondo riconosce che non solo il Nagorno Karabakh ma anche gli altri territori occupati dall’Armenia sono Azerbaigian. Con un incredibile paradosso politico-giuridico persino l’Armenia non riconosce su quel territorio nessun’altra sovranità se non quella azerbaigiana. L’Azerbaigian ha agito nel pieno diritto di tutelare la propria integrità territoriale.
2) la zona cuscinetto? Troppo spesso gli osservatori armeni trattano i sette distretti attorno al Nagorno Karabakh occupati per dare continuità territoriale con l’Armenia come poco più – appunto – di una buffer zone che serviva uno scopo tattico. Altro che zona cuscinetto: quei territori – senza alcuna presenza storica armena – erano pieni di azerbaigiani che sono stati violentemente scacciati dagli armeni nel 1992-94 in quella che è stata la più efficiente pulizia etnica del XX secolo. Circa un milione di cittadini hanno perso casa e beni nel giro di una notte. Queste persone meritano di tornare nelle proprie case o no? Appare altrettanto paradossale che l’autore della lettera accusi l’Azerbaigian di violare l’accordo tripartito del 9 novembre 2020 e poi condannare la connettività tra Azerbaigian e Nachcivan, che è uno dei punti dell’accordo. Allora Ghazaryan: lei è contro o a favore dell’accordo del 9 novembre o se ne serve a piacere, come per il menu di un ristorante?
3) Jihadisti, neo-ottomani, genocidi. Tutta una proiezione propagandistica da parte armena. Certo, gli azerbaigiani sono a maggioranza musulmani sciti. Ma al tempo stesso sono uno dei popoli più secolarizzati e laicizzati di tutto l’oriente musulmano. Una combinazione che produce un altissimo livello di coesistenza religiosa. Come cattolici sarete lieti di sapere che un nostro correligionaro può tranquillamente recarsi in chiesa e professare l’insegnamento del Vangelo con le più ampie garanzie pubbliche e con un alto grado di accettazione sociale. Pensare a una connessione tra l’Azerbaigian e il jihadismo o l’Isis è una fantasia “complottista” che è fuori dalla realtà. Altrettanto fantasiose sono le accuse di neo-ottomanismo o apologia di genocidio. Potrei soffermarmici a lungo ma preferisco non consumare il tempo suo e dei lettori.
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