Silenzio ed Eucaristia

Diceva il celebre filosofo cristiano Pascal: “La più grande disgrazia degli uomini è che non sanno stare mezzo’ra al giorno in silenzio e in solitudine”. Una frase che risuona di drammatica attualità, in un mondo dove il silenzio è il grande assente, lo sconosciuto per eccellenza, senza di esso infatti sarà difficile custodire una vita di preghiera che non sia inevitabilmente destinata all’inconcludenza e allo smarrimento spirituale.

Se pensiamo un attimo; per poter ascoltare ci vuole il silenzio, per costruire ponti di dialogo ricchi ed edificanti, è necessario che la nostra parola non sia “chiacchiera”, ma “parola” sincera e profonda, maturata alla scuola del silenzio. Inoltre nel silenzio parlano altri linguaggi, pensiamo al tatto, odorato, lo sguardo. Anche gli stessi sacramenti della Chiesa sono segni di grazia che devono essere accolti in un terreno interiore, plasmato ed arato dal silenzio orante. La stessa Eucaristia, mistero della presenza reale di Gesù, senza il silenzio che si fa ascolto ed accoglienza, non parla alla nostra vita. Come direbbe S.Teresa d’Avila, le nostre celebrazioni, senza silenzioso amore sono: “unicamente per cerimonia: ecco perché ne caviamo poco frutto. O mondo miserabile che rendi cieco chi guarda te (Signore)….per non permettergli di vedere i tesori che potrebbe avere in Dio”.

Comprendiamo come, per fare in modo che Cristo eucaristico viva in noi, è necessario ripartire dal silenzio come linguaggio da custodire. Il silenzio meditativo, è quindi fondamentale soprattutto in questo tempo di disumanizzazione, e di disorientamento sociale. Il silenzio infatti ci preserva dalle barbarie interiori, per non cedere all’aggressività, che si vede invece dove abbonda la chiacchiera e dove la parola si fa rumore. L’eucaristia accolta nell’autentico silenzio interiore, è quindi la vera umanizzazione, come trasformazione dell’uomo in Cristo. Inoltre ci rafforza, nella consapevolezza della vittoria di Cristo sul Male e sulle nostre paure. Diceva S. Barsanufio “Anche tu, mentre resti tra gli uomini, aspettati tribolazioni, rischi e urti alla sensibilità. Ma se raggiungi il porto del silenzio, per te preparato, non avrai più paura” .

Dobbiamo fare silenzio per mettere Dio al primo posto, per accogliere il Verbo fatto Carne, come progetto esistenziale, come stile di vita radicato nel Vangelo. In quest’ottica, tutta la stessa nostra vita sarà preghiera, e il Tabernacolo silenzioso sarà il luogo privilegiato, in cui Dio si fa adorare e parla nel silenzio meditativo, perché come affermava Santa Ildegarda: “Dio ci dà volentieri appuntamento nella casa del silenzio”. Ed è in questo silenzio meditativo che il mistero si fa contemplazione, intima unione dell’anima con l’amato, proprio come lo stesso Gesù promette: “ Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”( Gv 6,56).

Solo nel silenzio l’Eucaristia si fa dialogo e sorgente in grado di dissetare le aridità dell’uomo, in esso poi comprendiamo il volere di Dio che chiama tutti alla carità, ad essere a sua volta “eucaristie viventi”. Come ci ricorda Benedetto XVI nell’esortazione postsinodale “Sacramentum Caritatis”al n.88, l’Eucaristia: “spinge ogni credente in Cristo a farsi pane spezzato per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno”. La parola del silenzio ci ha pertanto condotti alla comprensione del vero senso dell’Eucarestia, che possiamo sintetizzare in una semplice ma eloquente frase, che di sovente leggiamo in alcune delle nostre chiese: “Qui si entra per amare Dio; di qui si esce per amare il prossimo”.