Editoriale

Le tre direttrici che nella Costituzione descrivono il valore dello sport

Nel 1948 i nostri padri costituenti non avevano previsto alcun riferimento alla attività sportiva nella carta costituzionale. Viene per la prima volta considerata con la riforma del Titolo V della Costituzione operata nel 2001 attraverso il riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni con l’articolo 117 comma 3. Infatti viene incluso “l’ordinamento sportivo” fra le materie di competenza concorrente. Ora, si fa un altro grande passo in avanti: lo sport entra nella Costituzione della Repubblica come uno dei valori tutelati. Insomma l’art. 33, oltre ad indicare l’arte e la scienza come elementi che sviluppano la persona, e dunque la comunità nazionale, vi si aggiunge anche lo sport. Anch’esso viene riconosciuto con il suo decisivo valore e strumento per lo sviluppo psico-fisico della persona.

Tornando al significato della formula costituzionale, il legislatore ha voluto arricchire il contenuto della stessa declinandolo su tre direttici complementari: il valore educativo legato allo sviluppo e alla formazione della persona, il valore sociale per la funzione aggregativa e di inclusione per persone in condizioni di svantaggio e la promozione della salute fisica e mentale. Recentemente, il think tank “The European House” di Ambrosetti ha predisposto un rapporto sul ruolo dello sport nella nostra società. Dalle analisi di questo documento emerge con forza un paradosso tutto italiano. In questi anni, lo sport agonistico ha raggiunto record straordinari nelle competizioni sportive ufficiali per le più disparate discipline, conquistando innumerevoli podi olimpici, estivi e invernali, nonché europei e mondiali, generando grande entusiasmo e unità tra la gente. Eppure, le imprese dei nostri atleti non si accompagnano a comportamenti virtuosi da parte della popolazione, che tende più ad essere passiva che non a partecipare attivamente alla pratica sportiva: l’Italia è infatti il quarto paese più sedentario nel perimetro OCSE e, tra gli adulti e i giovani, registra un gender gap ancora rilevante (le donne risultano essere più sedentarie rispetto agli uomini, con una percentuale di 38,8% contro il 33,7%) e un forte divario territoriale (al Nord il 41,6%, al Centro il 36,7% e al Sud il 24%). Questi dati dimostrano che gli investimenti nel settore sportivo sono stati insufficienti al punto da non favorire una diffusione della pratica sportiva nella popolazione. Siamo in presenza, insomma, di un patrimonio infrastrutturale vecchio e obsoleto, con il 60% degli impianti sportivi costruito tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, e con una dotazione largamente inferiore ai paesi benchmark europei (131 impianti ogni 100.000 abitanti, rispetto ai 250 impianti della media dei principali paesi europei e i quasi 600 della Finlandia).

La musica non cambia anche sul versante scolastico, dove sei istituti su dieci, in Italia, non dispongono di una palestra, generando un’enorme disparità di accessibilità allo sport per i ragazzi. Nel presentare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla Commissione Europea, il precedente Governo avrebbe dovuto destinare maggiori risorse economiche al potenziamento delle infrastrutture sportive nelle scuole: solo 300 milioni di euro a fronte di 209 miliardi del Piano stesso. La presenza dello Sport in Costituzione è un fatto storico, rilevante per l’Italia di domani. Ma vorremmo che tale inserimento nella Carta Fondamentale dello Stato non si esaurisse nell’enunciazione dei principi, ma si sviluppasse attraverso una consapevole e sistematica collaborazione tra le istituzioni pubbliche nazionali e locali e il mondo dello sport per raggiungere obiettivi comuni e condivisi: un miglioramento del benessere individuale e collettivo della popolazione (con conseguenti risparmi per il sistema sanitario), attraverso una vasta offerta di opportunità nelle scuole, nei luoghi di lavoro, negli spazi urbani rigenerati (in particolare nelle periferie, per contrastare i divari e le diseguaglianze sociali) e nella società in generale, e un rafforzamento delle agevolazioni fiscali per il mondo dello sport, che riuscirebbe così a garantire un valore economico considerevole, con forti ricadute occupazionali. Viva lo sport!

Raffaele Bonanni

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