Le ragioni del Governo su Nadef e migranti

Palazzo Chigi
Palazzo Chigi. Foto: Consiglio dei Ministri

L’esame della Nadef (la Nota di aggiornamento del Def) e l’approvazione di un nuovo decreto Migranti, con regole più stringenti sui minorenni non accompagnati che arrivano in Italia. Sono stati questi i titoli di testa del Consiglio dei ministri andato in scena ieri a Palazzo Chigi, facendo registrare due passaggi significativi nell’attività del governo guidato dalla premier, Giorgia Meloni. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, è un momento importante per l’attività dell’esecutivo, destinata a segnare le scelte economiche dell’esecutivo. Ogni anno la Nadef traccia un quadro della situazione economica attuale e fa delle stime per il futuro. Da questo dipendono anche le risorse che il governo avrà a disposizione per la sua legge di bilancio, da approvare entro la fine dell’anno. La Nadef, pubblicata ogni anno a settembre, serve a chiarire la situazione in cui si trova l’economia italiana. Si fa una panoramica dei temi più importanti per il governo, e soprattutto si fa una previsione sull’andamento del Pil e sul deficit, cioè il rapporto debito/Pil in un singolo anno.

Tra i moltissimi argomenti contenuti nella Nadef (solitamente lunga circa 100-150 pagine), questo è uno dei più attentamente osservati. Come ampiamente previsto nel documento approvato ieri dal Cdm Palazzo Chgi ha dovuto rivedere le tempistiche sulla crescita, relative all’anno in corso, attestandosi allo 0,8%, e anche le tempistiche per l’anno prossimo saranno oggetto di valutazione. Ragionevolmente il governo, volendo seguire un atteggiamento responsabile e pragmatico, è consapevole del fatto che la prima questione sul tavolo sia quella di mantenere sostenibile il debito pubblico, sempre elevato. Operazione non facile ma necessaria, se si vuole salvare il potere di acquisto delle famiglie, aggredito da politiche internazionali sempre più aggressive. Rispetto allo scorso Def, il governo Meloni aveva previsto un aumento dell’1%, ma la realtà colloca l’asticella allo 0,8%.

Per il 2024 il Pil tendenziale (cioè senza tenere conto degli interventi del governo) potrebbe crescere attorno all’1%, mentre ad aprile la stima era all’1,4%. Alla luce di queste indicazioni resta centrale una domanda: quanto intende indebitarsi il governo l’anno prossimo? E quindi quanti soldi vuole mettere a disposizione della sua manovra di fine anno? Ad aprile aveva previsto che il debito per il 2024 sarebbe stato pari al 3,7% del Pil. Ogni 0,1% di aumento sarebbe equivalente a poco meno di due miliardi di euro in più per la legge di bilancio. Ma l’Unione europea è attenta a monitorare quanto si indebitano gli Stati membri, soprattutto l’Italia che ha già un debito pubblico altissimo. Questi la partita non è solo ad alto rischio ma strategica.

Ma se quella del Nadef, nell’ottica della legge di bilancio, è una partita giocata sui decimali e sul rapporto di scambio con le Europa, in cui effetti saranno spalmati nel tempo, il capitolo dell’immigrazione, l’altro tema all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, rimane la priorità del momento, con tutta la sua urgenza per l’emergenza quotidiana. Il nuovo decreto Migranti, nella sostanza, prevede che chi ha un permesso di soggiorno possa essere espulso per “gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza”, o se viene sottoposto a misure amministrative di sicurezza. Si potenziano i controlli sulle domande di visto d’ingresso in Italia, e cambiano le regole per i minori non accompagnati. In particolare, i ragazzi che arrivano in Italia e hanno tra 16 e 18 anni potranno essere inseriti nei centri d’accoglienza riservati agli adulti, invece che nelle strutture per minorenni, se dovessero mancare i posti. Il periodo massimo sarà di tre mesi. In più, per accertare che chi dice di essere minorenne lo sia davvero si potranno fare accertamenti sanitari, incluse le radiografie. In generale, i centri di accoglienza potranno legalmente ospitare fino al doppio del numero di persone che sono previste oggi. Previsti fondi aggiuntivi per le forze di Polizia e i Vigili del fuoco, mentre sempre in tema di accoglienza di persone migranti si svolgerà un concorso per selezionare cento volontari in servizio permanente della Guardia costiera.

Al netto dei dettagli contenuti nel decreto, è la filosofia che vi sta dietro a rappresentare un elemento caratterizzante della politica dell’esecutivo in materia di immigrazione. La premier, dovendo mediare fra le fughe in avanti della Lega e le pressanti indicazioni provenienti dall’interno del suo partito, cerca di rispondere con una linea di mediazione a chi vorrebbe tutto e subito in materia di controllo degli sbarchi. Oggettivamente un provvedimento particolarmente restrittivo in materia di immigrazione, in questa fase, sarebbe un boomerang di tale entità dar vanificare gli sforzi fatti in Europa per ottenere ascolto e aiuto.

Il fatto che la premier abbia scritto o una lettera ai leader dei Paesi europei del Mediterraneo per chiedere un approccio comune e coeso sulla crisi migratoria inquadra perfettamente il punto affrontato dal Consiglio dei ministri. La lettera, inviata in vista del vertice Med9 che si terrà a Malta il 29 settembre prossimo, invita i leader di Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta, Slovenia e Croazia a fare fronte comune sulle politiche migratorie. La Meloni, che esorta i colleghi ad avere un approccio coeso, vuole continuare sulla scia degli sviluppi positivi della visita della presidente del Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, a Lampedusa del 17 settembre scorso.

Non solo. Il nuovo assetto europeo che si va delineando, intesa con Parigi, ma sostanziale freddezza con Berlino, impone un atteggiamento cauto ma fermo nelle scelte fatte dal governo. I cambi di scena, con le sedie che si spostano attorno al tavolo di Bruxelles, sono sempre passaggi delicati, come testimoniano gli attacchi del settimanale tedesco “Der Spiegel” (I tempi di “una politica moderata” da parte del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sono “finiti”. Di fronte alla crisi dei migranti, a un anno dal suo insediamento a Palazzo Chigi, il capo del governo fa affidamento su “ricette di destra: un segno di impotenza”, scriveva ieri il noto giornale) e la ritrovata sintonia con Macron (La questione migratoria aveva visto opposte Parigi e Roma, talvolta violentemente, dopo l’arrivo al potere della dirigente di estrema destra Giorgia Meloni. Oggi, essa fornisce, al contrario, prospettive di convergenza di cui l’incontro, ieri a Roma, della presidente del Consiglio con Emmanuel Macron è l’ultima manifestazione”: lo scrive oggi il quotidiano francese Le Monde in un articolo dal titolo ” Macrone Meloni si riavvicinano sulla questione migratoria”). E questo gioco di posizionamento franco-tedesco non può non essere tenuto in considerazione, perché in materia di immigrazione vale più di mille decreti.