Quanti sono i cristiani perseguitati nel mondo

La pandemia ha limitato molto la libera pratica della religione tra i fedeli ma non si può dire che abbia attenuato le persecuzioni subite dai cristiani per a causa della propria fede. Anzi in questi due anni in cui il dibattito pubblico è stato completamente saturato dalla questione del virus e dei vaccini, in molte parti del mondo le violenze, le vessazioni, le censure, le incarcerazioni e le restrizioni sono aumentate in maniera assoluta con numeri senza precedenti.

A lanciare l’allarme è l’annuale rapporto World Watch List 2022, stilato dall’organizzazione Porte Aperte/Open Doors e presentato la scorsa settimana in Senato. Nell’indifferenza di buona parte dell’opinione pubblica internazionale, sono saliti a oltre 360 milioni i cristiani perseguitati nel mondo, uno su sette del totale delle varie confessioni cristiane, in incremento anche le vittime di omicidio, in 5898 hanno perso la vita per cause legate alla loro fede. In evidenzia poi l’aumento del 124% del numero dei cristiani rapiti rispetto all’anno precedente (3.829 nel report 2022 contro i 1.710 nel report 2021), con l’Afghanistan in testa ai paesi in cui essere cristiano è più pericoloso a causa dell’ascesa al potere dei talebani. Dopo 20 anni la Corea del Nord, governata dal regime comunista, cede quindi il primato del Paese con la persecuzione più estrema, attestandosi comunque al secondo posto. La classifica di Open Doors vede tra i primi 10 posti ben sette nazioni africane, posti dove i movimenti jihadisti si stanno sviluppando sempre più.

Le cose non vanno meglio nemmeno se si guardano gli attacchi contro i luoghi di culto e le proprietà della Chiesa. Il nuovo report di Porte Aperte riferisce di un incremento del 14% del numero di chiese ed edifici ad esse connessi attaccati o chiusi (5.110 nel report 2022 contro i 4.488 nel report 2021). E ancora i cristiani arrestati senza processo sono aumentati del 44% per un totale di 4277 unità, circa 16 fedeli al giorno.

Ci sono poi alcuni fenomeni che vale la pena riferire: quello che viene definito della Chiesa “profuga”, ovvero delle popolazioni cristiane costrette alla fuga dalla persecuzione, come avviene in Nigeria e nella cintura del Sahel; e quello del modello centralizzato di controllo della religione, tipico della Cina ed ora emulato da altri Paesi. “Influenzati dall’ideologia comunista – si legge nel rapporto -, alcuni governi in America Latina hanno continuato ad usare la pandemia come pretesto per sorvegliare le chiese e imporre maggiori restrizioni. A Cuba, dopo le proteste di massa di luglio, i leader cattolici e protestanti che hanno parlato di giustizia sociale sono stati arrestati, torturati e multati. Anche in Nicaragua e in Venezuela, i partiti al potere hanno promosso campagne diffamatorie contro vescovi cattolici, cancellato permessi di registrazione e chiuso chiese”.

Particolare mentre grave la situazione dove l’autoritarismo si combina con l’islam, in questi casi i cristiani soffrono particolarmente. “L’instabilità nelle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa dopo la primavera araba del 2011 significa che spesso si perpetuano misure oppressive contro le chiese storiche e altre chiese costituite e non tradizionali, così come contro i convertiti ex-musulmani in particolare”. L’attenzione sulla pandemia ha inoltre indebolito la lotta dei governi alle organizzazioni terroristiche e criminali, quindi dall’Africa Occidentale all’America gli sforzi per la lotta al Covid-19 hanno permesso ai gruppi jihadisti e/o criminali organizzati di consolidare o espandere ulteriormente il loro potere e controllo territoriale.

Questi dati chiamano tutta la Comunità internazionale e in particolare l’Occidente ad una grande responsabilità. Senza libertà religiosa non può esistere alcuno stato di diritto e tutta le altre forme di libertà vengono sicuramente meno in nazioni dove governi o gruppi armati arrivano imporre decisioni perfino nella sfera spirituale. L’Europa che si erge a paladina dei diritti umani ha il dovere di guidare un’iniziativa in tutte le sedi e i tavoli internazionali, che non sia subalterna ad interessi economici e geopolitici in nome dei quali si sacrifica ogni principio. Difendere i cristiani non è solo un atto intrinsecamente giusto ma significa anche contribuire alla stabilità, alla pacificazione, alla giustizia sociale di molte regioni del mondo. E’ bene ricordare che queste comunità, anche in minoranza, grazie al loro attivismo e protagonismo sono “il sale della terra” delle loro nazioni, attenuano conflitti e diseguaglianze, di certo senza di loro saremo tutti più poveri e insicuri.