Editoriale

Pietas cristiana, indifferenza mondana

E’ la “pietas” cristiana l’unico argine all’indifferenza globalizzata. Si è placato in fretta il moto di commozione. Troppo forte la globalizzazione dell’indifferenza. Eppure sono un pugno nello stomaco le foto dei bambini morti in un naufragio di migranti nel Mediterraneo. Lasciati senza neppure una sepoltura sulla spiaggia libica di Zuwara. Quelle immagini-choc sono la punta di un iceberg. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi le ha definite “inaccettabili“. E, sul tema dell’immigrazione, ha richiamato il Consiglio Europeo di Bruxelles ad un “atteggiamento efficace. Ma soprattutto umano”.

(Photo by Mohammed ABED / AFP) Credit: Unicef

Dietro quegli scatti sconvolgenti c’è un generale deterioramento di una civiltà. Che non concede neppure un gesto di “pietas” alle proprie vittime innocenti. Dietro la reazione indifferente al Golgota fotografato in quel metro di arenile in Libia, c’è il relativismo etico. Sempre più diffuso. Che fa da supporto a una certa cultura dominante nel mettere tra parentesi gli imperativi della legge morale. Arrivando, da un lato, a minare le basi stesse della società. Dall’altro ad abbassare i confini tra la vita e la morte. Con la legalizzazione dell’aborto e dell’eutanasia e con l’oblio sulle tragedie nel mare. La nuova minaccia è persino più insidiosa dell’ateismo dei regimi totalitari della guerra fredda. Sempre più individui soffrono, a vari livelli, in una situazione di grave degrado individuale e sociale. Ma se anche l’uomo è capace di grandi malvagità e di errori, il Vangelo ci insegna a restare aperti a grandi speranze. A importanti obiettivi. E’ la ricerca di infinito, di trascendenza che ci induce a ritrovare la dimensione costitutiva del nostro stesso essere. Da qui possiamo ripartire come credenti e uomini e donne di buona volontà. Per riaffermare la verità sull’uomo. Sulla sua singolarità unica di persona. In possesso di diritti inalienabili. Con la sua incarnazione Cristo è entrato in contatto con ciascuno di noi. E ne deriva un rapporto profondo tra il mistero della Redenzione e la dignità dell’individuo. Perciò alla disumanità di una mentalità imperante che calpesta i più deboli, papa Francesco oppone incessantemente la centralità dei poveri. Dei fragili. Degli indifesi. Qui sta lo spartiacque di civiltà.La misericordia è attuazione del Vangelo. E manifestazione del Dna della Chiesa. Il “desiderio inesauribile di offrire l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium 24) spinge la Chiesa “ad andare incontro ai poveri. Agli afflitti. Ai bisognosi” (Evangelii Gaudium 193). Così, proprio l’esercizio della misericordia diventa il criterio di verità della fedeltà al Vangelo. Nella comunità primitiva come nella Chiesa di oggi. Difendere la vita dal concepimento al suo termine naturale non può essere materia di negoziato. La categoria della “non negoziabilità” è emersa per la prima volta nel Magistero della Chiesa con la Nota dottrinale. “Circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”. Emanata il 24 novembre del 2002 dalla Congregazione per la dottrina della fede. La Nota era firmata dal cardinale Joseph Ratzinger. In qualità di prefetto della Congregazione. E venne approvata da Giovanni Paolo II.  Il cristiano è  chiamato a “dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale. Nociva per la stessa vita democratica. La quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi. Vale a dire, di principi etici che non sono negoziabili. Per la loro natura. E per il loro ruolo di fondamento della vita sociale ”. Nelle esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili è in gioco l’essenza dell’ordine morale. Cioè il bene integrale della persona. Sono le esigenze etiche che emergono nelle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia. Quelle che concernono la tutela e la promozione della famiglia. Fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso. Protetta nella sua unità e stabilità. E alla quale non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza. Sono le esigenze etiche che garantiscono la libertà di educazione ai genitori per i propri figli. La tutela sociale dei minori e la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù. Come la droga e lo sfruttamento della prostituzione. Il diritto alla libertà religiosa. E lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune. Nel rispetto della giustizia sociale. E del principio di solidarietà umana. Una sollecitudine che ha radici salde.  Sono trascorsi 56 anni da quando 42 vescovi e padri conciliari firmarono nella Catacombe di Santa Domitilla, a Roma, il “Patto delle catacombe”. Sottoscritto poi da altri 500 Pastori. Per sancire l’impegno di realizzare una Chiesa povera per i poveri. Papa Bergoglio ripropone il tema di una Chiesa vicina alle fasce sociali più emarginate. Ai diseredati. Agli indigenti. A chi subisce soprusi e ingiustizie. Riconoscendo Cristo in queste persone, il Pontefice testimonia l’opzione per i poveri. E per uno stile di vita solidale e sobrio. Secondo la lezione pastorale degli apostoli della carità. Come l’arcivescovo brasiliano dom Helder Câmara e don Tonino Bello. Nell’Evangelii Gaudium, si evidenzia che “i poveri hanno molto da insegnarci. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro”.  A partire da chi vede infrangersi tra le onde il sogno di una vita dignitosa e libera.

Giacomo Galeazzi

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