Il paradosso della crisi migratoria

Chiesa

La crisi politico-economica in Tunisia, l’arrivo della bella stagione, l’inflazione fuori controllo che colpisce molti Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, la conferma della linea dell’accoglienza del governo Meloni rispetto al quale si attendevano politiche più chiusuriste e sicuritarie.

Nemmeno gli esperti più quotati di geopolitica riescono a trovare un motivo che possa spiegare del tutto l’ondata migratoria record che sta interessando le coste italiane. Secondo i dati diffusi ieri dal Viminale, negli ultimi 5 giorni, dal 23 al 27 marzo, sono 6.564 i migranti sbarcati in Italia. Il picco di arrivi si è registrato sabato scorso, con 2.815 persone. Da inizio anno i migranti arrivati sulle nostre coste sono in totale 26.927, rispetto ai 6.543 dello stesso periodo del 2022. In pratica, gli sbarchi nei primi tre mesi dell’anno sono quadruplicati su base annuale. Sono state quindi completamente smentite le previsioni su una diminuzione degli sbarchi legata a possibili politiche più restrittive adottate da un governo di centro destra.

Si continua a partire quindi e si continua anche a morire, non c’è giorno infatti che non si registri un naufragio davanti alle coste tunisine. La gran parte delle partenze di queste ultime settimane sta infatti avvenendo dalla Tunisia e non dalla Libia, sebbene quest’ultima è da sempre la base di partenza più importante della rotta migratoria del Mediterraneo centrale.

La Tunisia è soggetta ad un mix di fattori esplosivo. La crisi politica in corso è iniziata nel 2021 dopo che il presidente Saied ha calpestato il sistema parlamentare. Lo scorso 16 marzo il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione di condanna verso il leader tunisino che “accentra il potere nelle sue mani dal 25 luglio 2021 dopo aver destituito il governo, sciolto l’Assemblea, soppresso la Costituzione del 2014”. Il Fondo monetario internazionale ha invece sospeso l’accordo raggiunto l’anno scorso che prevedeva un prestito di 1,9 miliardi di dollari vincolato ad alcune riforme. Anche l’Unione Europea chiede aperture democratiche prima di elargire aiuti economici.

Intanto però la Tunisia subisce l’ingresso di migliaia di migranti dell’Africa Sub-Sahariana che vogliono raggiungere l’Europa tramite il Mediterraneo. Ai problemi economici e alla disoccupazione si aggiunge l’ondata di migranti dell’Africa Sub Sahariana che raggiungono la Tunisia per poi intraprendere il viaggio via mare. Migranti contro cui si scaglia il presidente tunisino Saied che parla perfino “sostituzione etnica”. Secondo molti osservatori le autorità tunisine usano quindi la disperazione dei migranti per fare pressioni sull’Ue. La strategia sarebbe quella di non controllare le partenze finché l’Europa non decide di collaborare con Tunisi. Le cose non vanno meglio in Egitto dove al tasso elevatissimo di disoccupazione corrisponde una crescita della popolazione ancora sostenuta. L’inflazione, la crisi del grano e il caro energia hanno poi peggiorato le condizioni di vita anche in molti altri Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

Il fronte nord africano è caldissimo e si rischia una vera e propria bomba sociale, per questo ieri il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni era in visita a Tunisi. Gentiloni ha garantito sostegno al Paese del Maghreb a condizione che si muova anche il Fondo monetario internazionale. La Commissione Europea “è pronta a prendere in considerazione un’ulteriore assistenza macro finanziaria” ha detto il commissario europeo, “se le condizioni necessarie sono soddisfatte. La prima condizione è l’adozione da parte dell’Fmi di un nuovo programma di erogazione. È fondamentale che ciò avvenga il prima possibile”. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato della necessità di stabilizzare la Tunisia: “Non possiamo abbandonare la Tunisia, altrimenti rischiamo di avere i Fratelli musulmani che rischiano di creare instabilità. Non ci possiamo permettere l’islamizzazione del Mediterraneo”. Intanto il governo italiano continua ad insistere sulla necessità di un piano Mattei per l’Africa che dia sviluppo e benessere al continente.

In questa crisi migratoria c’è anche il paradosso delle aziende del Nord Italia che chiedono più migranti. Secondo la Cia solo nei lavori in campagna al Veneto servono per la prossima raccolta altri 10mila lavoratori in più dei flussi di stagionali previsti per la Regione. La Cia segnala infatti che Il click day per richiedere lavoratori stranieri ha fatto registrare la massima copertura consentita. Tutto questo dimostra la mancanza di programmazione del fenomeno migratorio che da emergenza può diventare risorsa.