Ecco perché ciò che accade a Mosca è importante anche per Roma

Pace

Mai come ora ciò che accade a Mosca coinvolge anche Roma.  Il grave impatto della guerra in Ucraina sul cammino ecumenico allontana i “fratelli separati”. Danneggia i recenti progressi nel dialogo interconfessionale. E incide pesantemente sull’unità dei cristiani. Insomma quanto succede adesso dentro l’ortodossia si ripercuote pesantemente sui rapporti con il mondo cattolico. Kirill è stato nel 2016 il prima patriarca di Mosca ad incontrare il vescovo di Roma. In Ucraina le Chiese ortodosse consorelle di Mosca e Kiev sembrano definitivamente “in guerra”. Il Patriarcato russo si blinda.  E la situazione è sempre più precaria. Su Kirill pende ancora la richiesta di condanna per eresia. Formulata da oltre 400 sacerdoti della Chiesa ucraina. Sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Al Consiglio dei Primati delle Chiese Antiche Orientali. La più alta “corte” dell’ortodossia mondiale. MoscaIl patriarca Kirill, capo della Chiesa ortodossa russa, ha preso sotto la sua diretta autorità le chiese della Crimea. La decisione è stata approvata dal sinodo della Chiesa ortodossa russa. Dopo che le chiese in Ucraina si sono distanziate pubblicamente da Kirill, per il suo sostegno a Putin e alla guerra. Nel dicembre 2018 gran parte delle chiese ortodosse ucraine si sono staccate da Mosca. Ottenendo “l’autocefalia” dal patriarcato di Costantinopoli. Le chiese che erano rimaste fedeli a Mosca si sono trovate in grave difficoltà. Per effetto dell’invasione russa dell’Ucraina. E a fine maggio si sono proclamate indipendenti. Condannando pubblicamente Kirill per il suo sostegno all’invasione. Ora il patriarca di Mosca assume direttamente il controllo delle eparchie di Dzhankoi, Simferopol e Feodosia. Nella penisola ucraina occupata dai russi nel 2014. Si tratta di una mossa che potrebbe far supporre dubbi sulla loro lealtà.MoscaPapa Francesco è un infaticabile promotore dell’ecumenismo. E un animatore ecumenico della pace. Più volte ha offerto suggerimenti per un ecumenismo praticabile. Ritiene l’unità possibile se “per primi, noi, superiamo i conflitti”. Cancellando lo spirito di superiorità. Misericordia e perdono, infatti, sono le parole-chiave del pontificato di Francesco. E costituiscono anche il presupposto per un vero e autentico cammino ecumenico. L’ ecumenismo, nella visione di Jorge Mario Bergoglio, non esisterebbe senza ravvedimento. E non potrebbe svolgersi senza la convinzione che i cristiani devono implorare la misericordia di Dio. Perché hanno l’obbligo morale e spirituale di chiedersi vicendevolmente perdono. Per le divisioni che hanno generato nel Corpo di Cristo. Lo dimostra l’impegno ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico. Un impegno che è stato accompagnato fin dall’inizio, da un cammino di perdono. E ciò ha trovato un suo gesto paradigmatico. Cioè lo storico incontro tra Paolo VI e il patriarca ortodosso Atenagora (1964). Con la reciproca cancellazione delle antiche scomuniche. Un cammino difficile ma possibile. Verso la veste senza cuciture che venne strappata a Gesù. Francesco, nella “Evangelii Gaudium“, vi dedica una serie di indicazioni e riflessioni.
Francesco è consapevole delle resistenze al “dialogo ecumenico“. Non solo nel cammino con i “fratelli ortodossi“. E dedica uno sguardo speciale al popolo ebreo. Nonché al “dialogo interreligioso”. Come «condizione necessaria per la pace nel mondo“. A ciò si unisce la relazione con i credenti dell’Islam. E “per sostenere il dialogo è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori”. E non sono esclusi da ciò i non cristiani. Francesco ha aggiunto un importante punto nella sua visione ecumenica. Che già era stato comunque accennato da Giovanni XXIII nel suo discorso “Gaudet Mater Ecclesia“. All’ apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962). All’epoca Papa Roncalli aveva affermato che gli errori non andavano più combattuti con le armi della forza. Ma risanati con la medicina della misericordia. Ritorna ancora l’architrave della Chiesa. La misericordia. Mosca

L’ecumenismo sarà sempre possibile. E questa medicina deve essere prescritta e assunta, Dato che Dio è tutto in tutti. Un’interpretazione profetica che ripresenta sfide e fatiche del dialogo con le religioni e culture del mondo intero. Un percorso documentato dal cardinale Walter Kasper nel saggio “Un cuore solo. Papa Francesco e l’unità della Chiesa” (Edizioni Terrasanta). Francesco non si tira indietro nel costruire relazioni e dialogo. Senza pregiudizi. Anzi con suggestivi gesti di profonda partecipazione. Chiedendo “perdono”. E “chinandosi” sul petto degli altri fratelli di fede, antica e nuova. Il dialogo si alimenta da una testimonianza comune. Fondata sulla lettura della Parola di Dio. E ciò costituisce una fonte straordinaria per superare divisioni e paure.