Da Roncalli a Bergoglio è la misericordia la garanzia della libertà dell’Ecclesia. Significativamente Giovanni XXIII celebra la sua prima messa da pontefice fuori dal Vaticano, in occasione della visita al Collegio Urbano di Propaganda Fidei. Come farà Francesco mezzo secolo dopo, papa Roncalli richiama alla misericordia quando sostiene che l’umana libertà dell’uomo deve corrispondere alla chiamata di Dio. E se ciò non avviene costituisce un pericolo per i singoli e per i popoli. “Questa mancata corrispondenza della umana libertà alla chiamata di Dio a servizio dei suoi disegni di misericordia costituisce il più terribile problema della storia umana e della vita dei singoli uomini e dei popoli“, disse Giovanni XXIII in un radiomessaggio. Il Papa buono ben 117 volte utilizza la parola “misericordia”, con vibranti e accorati richiami. Come quello alla glorificazione di Maria che è il richiamo della sua missione, di tutto il disegno che Dio ebbe su di lei. Missione di misericordia e di salvezza, perché il disegno di Dio è missione di misericordia.
Parole pronunciate all’udienza generale del 1° maggio 1963. Ma due anni prima, Giovanni XXIII indicava nel perdono il cammino luminoso verso la misericordia del Signore, descrivendo il perdono di Assisi come luminosa attrattiva del popolo cattolico all’udienza generale del 2 agosto 1961. Sulle orme dell’ideatore del Concilio, Francesco definisce la
misericordia come «architrave della Chiesa» nella bolla Misericordiae Vultus. Echi roncalliani. Giovanni XXIII, infatti, in un discorso ai pellegrini, convenuti a Roma per la Cattedra di Pietro (28 ottobre 1959) scriveva: “Il mondo ancora e sempre si regge perché la voce e il sangue di Cristo gridano pietà e misericordia”. Un concetto poi ribadito anche nel radiomessaggio al clero e ai fedeli di Malta del 24 luglio 1960. “È la misericordia di Dio che ci ha affidato le gioie e le prove degli uomini. Per essere saldi nel Signore e nella morale è necessaria la pratica generosa dei dieci comandamenti, dei precetti della Chiesa
e delle quattordici opere di misericordia”. Solo così è possibile resistere alle seduzioni che qua a là fanno sentire la loro voce di sirene ingannatrici.
di una vita generosamente offerta a Dio e alle anime. Già il 16 dicembre 1959 il pensiero di Giovanni XXIII era stato chiaro, determinato e senza mezzi termini nell’esortare i nuovi cardinali a distaccarsi dalla ricchezze e dai legami terreni, ed essere miti e misericordiosi. Un messaggio puntellato di concetti che saranno ripresi cinquant’anni dopo da Francesco. Le priorità per chi serve la Chiesa invece di servirsene sono la bontà mite e misericordiosa, che nasce dal cuore largo come la rena, che sta sul lido del mare. E cioè il servizio pronto e diuturno della verità e della carità, nell’esercizio delle quattordici opere di misericordia; la fame e la sete della giustizia, per l’avvento del Regno di Dio; la prontezza al sacrificio,
soprattutto al sacrificio, che è legge sovrana di spirituale fecondità. Chi governa la Chiesa ripone non nel potere la sua autorità, ma nel servizio.
all’uomo, ai suoi drammi, ai dolori e ai suoi bisogni di pace e di misericordia. Il linguaggio di Giovanni XXIII fu più pastorale che nel rigore della metafisica e della teologia. Nessuna dottrina fu messa in discussione dal Concilio e Roncalli non aveva intenzione di modificarla, ma aprì alla natura umana ferita al dolore degli uomini la speranza e invocava nella Parola di Dio l’azione del balsamo e della guarigione. In perfetta continuità con il Papa buono Roncalli, il Papa misericordioso Bergoglio non interrompe questo umanesimo che trova nella misericordia di Dio la mirabile continuazione dell’azione dello Spirito Santo per rendere manifesta la natura e la missione di Dio nella vita dell’umanità lacerata e bisognosa di resurrezione, di vita eterna nella carne, nel già e non ancora.
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