Le belle parole sulla pubblica istruzione

La riapertura delle scuole come ogni anno vede riproporsi l’incontro tra i due cardini del sistema: gli studenti e i professori, impropriamente rappresentati spesso come opposte fazioni con interessi distanti e inconciliabili. La scuola pubblica – se il trend resterà quello degli ultimi tempi – registrerà ancora scioperi, a volte proclamati dagli uni a volte dagli altri. Con un unico comune denominatore: l’incapacità dello Stato di dare risposte concrete ed efficaci alle istanze che gli vengono rappresentate. La conseguenza è che gli alunni non ottengono un livello di istruzione adeguata (ma forse varrebbe la pena di utilizzare il termine “educazione”) anche per colpa del fatto che gli insegnanti non vengono adeguatamente supportati. Si provoca così un corto circuito che manda in tilt l’intero sistema scolastico, non più in grado di motivare né chi siede sui banchi né chi sta in cattedra.

Le tante belle parole spese ogni anno dalle istituzioni per il settore scolastico servono in realtà a riempire con qualcosa il nulla (o quasi) che viene destinato realmente al distretto; così facendo il disincanto e la delusione prendono piede anche nel corpo docente, trasformando in routine quella che dovrebbe essere una missione quotidiana.

L’assenza di intervento diretto sull’educazione dei ragazzi, poi, presta il fianco alla politicizzazione del percorso curriculare. La scelta dei testi sui quali studiare, ad esempio, è spesso dettata più da impostazioni ideologiche che dall’esigenza di trovare una pubblicazione esaustiva rispetto all’approfondimento su un periodo storico. Il che è la conseguenza evidente di una politicizzazione anche del corpo docente.

La cronica carenza di fondi in un compartimento considerato strategico solo a parole, rende difficile persino l’inserimento dei disabili, con enormi ricadute future in termini di sviluppo della società, marginalizzando (e a volte costringendo all’auto-espulsione) giovani che se seguiti adeguatamente potrebbero invece vedere migliorata in modo sostanziale la propria qualità della vita.
Insomma, sul futuro dell’istruzione non sembrano esserci idee chiare, o almeno non siamo riusciti a capire l’impianto della riforma. Il pianto nel quale versa l’intero settore, invece, è evidente.