La libertà di studiare

Sta passando quasi sotto silenzio, inghiottito com’è dai tragici eventi di cronaca che hanno scosso il mondo, ma è uno degli appuntamenti più importanti per la crescita culturale di una nazione: gli esami di terza media. In questa settimana (non c’è una data di inizio stabilita a livello nazionale, ogni istituto decide in base al principio dell’autonomia scolastica) migliaia di quattordicenni si confronteranno con il proprio “sapere”. E’ un atto importante per una comunità che voglia definirsi tale. E ci consente di gettare uno sguardo oltre i confini nazionali per capire quanto la cultura (declinata sia con la c minuscola che con la maiuscola) sia fondamentale nel creare identità, primo passo per aprirsi alle relazioni. Lo studio della storia, la capacità di capire la propria e conoscere quella altrui, è lo strumento principe per disinnescare incomprensioni che possono sfociare nell’odio razziale, o peggio religioso. Il dialogo, la tolleranza si studiano sui banchi delle medie, ed è fondamentale che i professori – al di là degli aspetti curriculari – insistano su questi temi.

D’altronde non è un caso – al contrario – che nelle zone sotto il controllo dello Stato Islamico, la propaganda parta dall’insegnamento scolastico: materie giudicate incompatibili con l’interpretazione più rigida del Corano cancellate, matematica spiegata con le armi. La battaglia per il futuro della Siria si gioca anche nelle aule: nei manuali per le elementari, le figure per imparare a contare non sono papere, pesci, mele e tazze di caffè ma pistole, kalashnikov, spade e aerei da caccia. Anche la strategia di distruggere il patrimonio storico-artistico-archeologico ha la stessa matrice: eliminare le tracce di una cultura vuol dire cancellarne la storia, e un popolo senza memoria è certamente più soggiogabile.

Accade nei posti dove l’imposizione di un regime va di pari passo con il cambio dei programmi di insegnamento, con la finalità di creare degli adulti senza identità se non quella imposta dal regime stesso, che “in cambio” garantisce lavoro e una presunta stabilità. Purché il “pensiero” sia messo da parte, e con esso il concetto stesso di libertà.

Ecco perché la data degli esami andrebbe celebrata diversamente, non come un atto di routine ma un “avvenimento” che si ripete ogni anno, al pari di una rinascita, con la stessa valenza di un compleanno che celebra la vita. E anche gli sforzi didattico-educativi dovrebbero avere lo stesso afflato, in classe come nelle famiglie. Ma anche questo valore si sta perdendo, regalando agli esami ragazzi svogliati, scostanti, disattenti e per larga parte ignoranti. Dire che i giovani di oggi non sono come quelli di una volta è semplicistico e ingeneroso. Spetta agli adulti di oggi fargli capire il valore di ciò che stanno facendo, a patto di capirlo prima noi…