Editoriale

L’importanza di generare un nuovo movimento sociale cattolico

E’ indispensabile che non venga mai meno il radicamento della vita dei cattolici nel contesto spirituale e culturale di una fede viva. L’indebolimento della fede e di una spiritualità cristiana incarnata ha favorito lo scollamento tra la dimensione religiosa della vita del credente e il suo impegno politico. E, inoltre, ciò ha fatto sempre più che il credente fosse incapace di rendere socialmente visibile il contenuto morale della fede. A lungo andare, tutto questo ha provocato il secolarismo dei movimenti sociali di ispirazione cristiana rispetto ai valori evangelici e all’esperienza di una fede vissuta profondamente, generando il disfacimento di una formazione e di una mentalità cristiane.

L’assenza della Dottrina sociale dall’orizzonte valoriale dei cattolici li priva di uno strumento essenziale per il discernimento e per la progettualità. Viene meno quell’insieme di principi di riflessione, di criteri e di orientamenti pratici, che sono indispensabili per la formazione di un giudizio critico sulla realtà e per l’azione costruttrice della società, conformemente alla dignità delle persone, dal punto di vista sia umano che cristiano.

Le comunità cristiane sono chiamate a formare non tanto dei “sacrestani”, come soleva ripetere Vittorio Bachelet, bensì cristiani ben consapevoli della dimensione sociale della loro fede, che assumono con coraggio e responsabilmente la loro vocazione al bene comune. È abbastanza evidente che, se si desiderano nuove rappresentanze, occorre generare un nuovo movimento sociale cattolico, come vivaio di vocazioni alla politica, formato da soggetti che vivono in rete buone pratiche, a servizio del bene comune, con uno sguardo che vada oltre i confini nazionali aprendosi all’Europa e al mondo. E questo, senza rinunciare all’ispirazione cristiana, anche quando, per varie ragioni, si confluisca in organizzazioni aconfessionali.

Sarà possibile esprimere nuovi rappresentanti, soltanto se prima e durante si vive un’azione sociale di popolo. Cosa che, a sua volta, sarà possibile, se si sarà capaci di elaborare un progetto di Paese, di bene comune, di cittadinanza attiva e responsabile. E’ importate non far mancare la specificità dell’apporto dei credenti alla gestione della cosa pubblica. Nel cattolicesimo italiano prima di fondare nuovi partiti, si è cercato di creare un nuovo movimento sociale e politico. Si pensi a “Todi 1”, “Todi 2”, “Todi 3”. ove negli anni scorsi, a partire dal 2011, diversi cattolici hanno pensato al loro ruolo in politica. Ma quegli stessi che avevano contribuito a far nascere questo progetto di un nuovo movimento, come un’urgenza che doveva rispondere alla necessità di una ricomposizione culturale, prima che socio-politica, non sono sempre riusciti a farlo avanzare. Anzi, alcuni hanno persino rimosso l’idea di un “movimento” culturale, per impegnarsi più immediatamente nella nascita di una nuova realtà partitica.

Senza avvertire la necessità di lavorare in primo luogo alla creazione di un dialogo tra le molteplici forze sociali di estrazione sia cattolica che liberale (ossia facenti capo a persone di buona volontà, anche se non credenti) e alla elaborazione di un nuovo progetto culturale. In un certo modo, ciò ha ritardato la nascita di un vero e proprio movimento culturale politico, protraendo la situazione di diaspora e dell’irrilevanza dei cattolici nel governo della pólis, secondo la riflessione di papa Francesco nella esortazione apostolica “Evangelii gaudium”.

mons. Mario Toso

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