Editoriale

Il Papa riporta la Luce in Mesopotamia

Mettere piede sul suolo iracheno è stato il sogno di tutti gli ultimi Pontefici. Due anni dopo la caduta del muro di Berlino è esplosa la prima guerra del golfo e il sogno ecumenico di Paolo VI sembrava infrangersi contro una nuova forma di spaccatura tra oriente e occidente. Karol Wojtyla provò in tutti i modi a scongiurare il conflitto e dieci anni più tardi cercò di iniziare il grande giubileo del duemila da Ur dei Caldei, patria di Abramo, padre dei tre monoteismi. Non gli fu possibile realizzare il suo sogno a causa dell’esplosiva situazione geopolitica e militare presente nell’antica Mesopotamia.

Celebrazione della Messa nella Chiesa dell’Immacolata sottratta dal sedicente stato islamico a Qaraqosh, vicino Mosul, Iraq, 30 ottobre 2016 – Foto © Ahmed Jadallah per Reuters

Adesso, dopo lo stop imposto ai viaggi papali dalla pandemia, Francesco fa visita al popolo iracheno duramente provato da un’infinita conflittualità interna e internazionale e da una crisi Covid che non ha risparmiato neppure le gerarchie ecclesiastiche. Il Pontefice ha rifiutato l’ipotesi di rinviare la missione in Medio Oriente perché ciò avrebbe deluso le aspettative di fratelli e sorelle che vedono nel suo arrivo un segno di rinascita per la loro martoriata terra.

I cristiani sono i più antichi abitanti dell’Iraq, eppure in due decenni di diaspora la loro presenza si è più che dimezzata. La fede in Cristo, soprattutto nella Piana di Ninive, è autentica testimonianza fino al martirio. Significativamente Francesco benedirà una venerata effige mariana finita sotto il barbaro dominio dell’Isis nel periodo più buio dello strisciante disfacimento di una Nazione finita nelle mire di non pochi potentati privi di scrupoli. Anzi, come nello Yemen, anche in questa gloriosa civiltà si è finito per combattere conflitti per interposta milizia alimentando le spaccature interne ad esclusivo tornaconto degli ingombranti vicini.

Ricordo un anziano sacerdote caldeo che citava a memoria la “Orientale Lumen” di San Giovanni Paolo II per ricordare a tutti i suoi interlocutori che non sono stati gli occidentali ad aver portato il Vangelo oltre mare bensì il contrario. “La luce (cioè Gesù) arriva da oriente”. Perciò il Papa pellegrino percorre il cammino inverso rispetto a quello compiuto da San Pietro, San Paolo e dagli altri evangelizzatori che ci hanno trasmesso la Buona Novella. Ecco perché è così importante l’abbraccio ecumenico con i Patriarchi delle antiche Chiese orientali e con quelle autorità religiose islamiche con le quali il pontificato della misericordia ha condiviso gli storici documenti universali sulla fraternità. Se ne ricordino i tanti fedeli occidentali che talvolta trascurano le periferie geografiche ed esistenziali che Francesco invece ha riportato al centro della Chiesa.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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