I motivi per cui i nostri mari si trasformano in tombe

A 24 ore dalla tragedia nelle acque antistanti Crotone, continua a salire il bilancio della strage dei migranti in mare. Mentre scriviamo è stata trovata un’altra ragazzina di 14 anni, si tratta della 63esima vittima. Si stima che le persone a bordo del barcone fossero 180, stipate come sardine e decise a rischiare la vita pur di dare un futuro migliore ai loro figli.

I teli ammassati sulla spiaggia, le salme portate al palazzetto dello sport, le ricerche di ulteriori corpi in mare e pezzi del relitto sul bagnasciuga. Ormai la ritualità di queste tragedie si ripete come un copione, così come si ripetono le dichiarazioni degli esponenti delle istituzioni nazionali e internazionali e le accuse reciproche tra i partiti. Con i morti non ancora sepolti parte la speculazione politica e lo scontro tra le fazioni, da una parte partono le accuse di inefficienza, menefreghismo e disumanità e dall’altra quelle di ipocrisia e di un buonismo senza soluzioni che spinge la gente in mare.

La realtà è che queste stragi sono avvenute con i governi di qualsiasi colore e schieramento politico, durante diverse consigliature dell’Unione Europea. La costante di questo di strage continua nelle acque del Mediterraneo è l’assenza della comunità internazionale, l’approccio miope ed emergenziale di breve termine delle Nazioni frontaliere che alternano politiche umanitarie o legalitarie a seconda del vento che gira dall’opinione pubblica.

A scanso di equivoci va detto che qualsiasi tipo di gestione non può prescindere dal riconoscimento del diritto ad essere salvati e del valore intrinseco di ogni vita umana dai quali discente l’obbligo di mettere in campo le migliori risorse per le attività di ricerca e salvataggio in mare. Allo stesso tempo i massimi vertici della politica nazionale, europea e mondiale non possono non prendere atto del fatto che maggiori partenze si traducono statisticamente in maggiori naufragi e morti in mare. E’ invitabile: chi parte su barconi malandati, luogo rotte gestite dai trafficanti di uomini senza scrupoli, è esposto ad enormi rischi che non possono essere azzerati senza una gestione legalizzata e controllata dei viaggi.

L’approccio umanitario e quello legalitario privati l’uno dell’altro producono in tutti casi morte, disperazione, ingiustizie e sfruttamenti. L’Europa può e deve mettere in moto una nuova missione navale di soccorso mare, così come ha l’obbligo di gestire la ripartizione degli arrivi e delle domande di asilo andando oltre il trattato di Dublino. Le polizie e i sistemi di intelligence di tutti i Paesi comunitari devono poi intensificare le partnership con i Paesi di partenza e di transito per fermare le mafie che gestiscono il traffico dei migranti e che spingono le persone su imbarcazioni sempre più piccole per sfuggire al controllo della guardia costiera.

Nella fattispecie della strage di Crotone emerge poi un altro elemento inacettabile. Le donne, gli uomini e i bambini affogati venivano da Iraq, Iran, Siria e Afghanistan. Parliamo di Paesi con guerre e crisi politiche, e i cui cittadini vedono quasi sempre riconosciuto il diritto d’asilo. Non che la vita di un migrante economico valga meno ma in questo caso le colpe della comunità internazionale sono ancora più evidenti. I corridoi umanitari, che consistono in appositi voli aerei che portano i rifugiati in Paesi sicuri, sono consentiti e promossi proprio lungo queste direttrici. Con il ritorno al potere dei talebani nell’agosto del 2021 la solidarietà dell’Occidente durò appena qualche settimana, poi furono lasciati alla mercé degli jihadisti, quella nei confronti di siriani e iracheni nemmeno quel lasso di tempo. Senza contare poi che si tratta in molti casi di nazioni che i Paesi Europei e gli Usa hanno contribuito a destabilizzare con i loro interventi per “riportare la democrazia”. Ovviamente questo non esula da responsabilità e colpe le leadership locali arabe e africane corrotte e spesso sanguinarie ma il cosiddetto mondo libero e avanzato, se vuole ancora definirsi tale, ha l’obbligo di non girare la testa. Una geopolitica che non è calata sui veri bisogni dell’uomo e la sua dignità crea solo disastri e vittime, e i nostri mari si trasformano in tombe.