La gioia della Trasfigurazione e l’attesa della salvezza

Davanti ai tre apostoli prescelti, Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù an­ticipa il futuro: mostra loro cosa sarà il Suo e il loro destino, la Resur­rezione, che i discepoli non capiscono, proprio come a noi tante volte rimane complicato immaginare la Vita Eterna.

Gli apostoli fanno un’esperienza fondamentale: provano la bellezza di stare con Gesù, tanto che Pietro dice «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa».

Questa esperienza è necessaria anche a noi: scoprire quanto è bello «stare con Lui», cioè seguire la Sua Parola, perché Gesù ci insegna a vivere il presente pensando al Cielo, da uomini nuovi, che non vivono pensando soltanto alla terra, ma alla ricompensa del nostro Padre che è nei Cieli.

Ogni giorno abbiamo bisogno di stare con Cristo, perché solo con il Suo Spirito possiamo perdonare, possiamo accettare la nostra storia, anche quando non la comprendiamo e ci sembra sbagliata, perché dietro è nascosto il Suo amore, che da soli non possiamo riconoscere.

Nel racconto evangelico della Trasfigurazione sul monte, Gesù concede ai suoi apostoli prediletti un segno premonitore, rivolto anche noi. Leggiamo nel capitolo ottavo della lettera ai Romani, come «Tutta la crea­zione geme e soffre» perché sta aspettando questo evento, che avrà il suo compimento quando, al termine della nostra esistenza terrena, se avremo approfittato per incontrarci con la Misericordia di Dio, anche noi potremo partecipare alla gloria di Cristo, che sarà piena e definitiva.

Tutto volge verso questa trasformazione, anche l’universo sarà trasfi­gurato e si compirà finalmente il disegno divino della salvezza. A questo siamo destinati, non alla tristezza, al vuoto che ci costringe ad alienarci, al non senso.

Questa Parola è perciò un invito per noi a vivere questo tempo di Quaresima cercando Gesù: è un tempo favorevole per prepararci alla Pasqua, che non è altro che la gloria, il destino di felicità che Lui ha donato a noi.

Una gioia di cui possiamo fare già oggi esperienza, come gli apostoli quel giorno sul monte Tabor.