Ecco perché bisogna stravolgere la narrazione sulla natalità

Immagine di repertorio. Foto di Gabby Orcutt su Unsplash

Più giovani, più futuro. Questo è lo slogan scelto per la IV Edizione degli Stati Generali della Natalità, che si aprono oggi a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, per concludersi domani, venerdì 10 maggio, con l’intervento di Papa Francesco. Politica, imprese, scuola, mondo della cultura, dello spettacolo e della comunicazione si confronteranno ancora una volta per mettere al centro dell’attenzione pubblica l’emergenza demografica. Quel dramma delle culle vuote che mette a rischio la tenuta sociale ed economica dell’Italia. Tutti concordano infatti sull’assunto che la mancanza di figli mina la stessa esistenza di un popolo, e gran parte del corpo sociale di questo Paese concorda sul fatto che sia necessario creare una società a dimensione di famiglia, che promuova e sostenga concretamente la maternità e la genitorialità. Tuttavia, finora, nel passare dall’analisi ai fatti si sono susseguiti tanti fallimenti e pochi passi in avanti.

“Non si tratta di convincere i giovani a fare figli, ma di creare le premesse politiche affinché siano messi nelle condizioni di realizzare i loro sogni lavorativi e familiari. Da questo passa il futuro del nostro Paese”, ha spiegato alla vigilia dell’evento Gigi De Palo, Presidente della Fondazione per la Natalità. Gli stipendi bassi, un welfare famigliare debole, l’assenza di qualsiasi politica per la casa degna di questo nome e non ultimo il fatto che i giovani italiani sono tra gli ultimi ad entrare nel mondo del lavoro, dopo un percorso scolastico a dir poco tortuoso e con pochi sbocchi, sono tutti fattori che innegabilmente incidono sul tasso della natalità. Molte coppie che vorrebbero fare un figlio rinviano questa scelta per mancanza di stabilità economica, e altre coppie già stabilizzate mettono al mondo un numero di figli inferiore a quello desiderato a causa della mancanza di risorse adeguate.

Basta dare qualche numero per toccare con mano la gravità di questa situazione: nel 2023 l’Italia ha raggiunto l’ennesimo record negativo di nascite dalla Unità della Nazione nel 1861, ovvero appena 379mila nuovi nati, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille, era 6,7 per mille nel 2022. Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite (576mila nati), c’è stato un crollo di 197mila unità (-34,2%). Alla fine degli anni Settanta in Italia ancora nascevano oltre 700mila bambini all’anno. Va detto poi che il numero di figli per donna (il fattore più indicativo di questo fenomeno) nel 2023 è di 1,24, il più negativo dopo la serie della fine degli anni Novanta del ‘900 in cui nel 1998 si toccò il tasso di 1,21. Questo trend delle nascite in continua diminuzione è determinato anche dal fatto che ogni anno ci sono sempre meno donne ritenute convenzionalmente in età fertile, ovvero quelle che secondo gli studi di statistica e sociologia vanno dai 15 ai 49 anni, questo perché le donne in questa fascia di età già scontano quel calo delle nascite avvenuto nella loro generazione. In altre parole l’invecchiamento della popolazione e il calo demografico partono dall’inizio degli anni Ottanta e ora affiorano tutte le conseguenze di questo fenomeno, in maniera ancora più drastica. Al 1° gennaio del 2024 erano 11,5 milioni le donne potenzialmente fertili, da 13,4 milioni che erano nel 2014 e 13,8 milioni nel 2004.

Per invertire la rotta servono quindi politiche veramente rivoluzionarie in materia di efficacia dei percorsi scolastici, collocamento nel mercato del lavoro, mutui per i giovani, edilizia convenzionata, congedi parentali, asili e scuole dell’infanzia e, cosa ancora più importante, politiche di conciliazione lavoro-famiglia con possibilità di orari flessibili e smart working, una questione fondamentale perché chi fa figli vuole anche accompagnarli nella crescita e non solo avere la possibilità di lasciali un asilo nido per tutto il giorno. Nessuno ha la bacchetta magica e per onestà va detto che in questo ultimo decennio qualche misura significativa è stata adottata, come ad esempio l’assegno unico universale che offre molte più risorse delle vecchie detrazioni. Anche i posti negli asili sono aumentati e i giorni di congedo pagati al 100% sono stati incrementati notevolmente. Eppure le sale parto sono sempre più vuote. La strada è ancora lunga infatti, servono molti più sostegni concreti e questo percorso per essere veramente efficace deve necessariamente tenere in conto anche la questione culturale. Non si può infatti sottovalutare il fatto che, se da una parte ci sono tanti giovani che i figli non possono permetterseli, dall’altra ce ne sono altrettanti che i figli non hanno alcuna intensione di farli pur avendo tutti gli strumenti economici per dare sostentamento ad una famiglia.

La questione culturale è un dato di fatto innegabile, lo dimostra il fatto che l’Italia povera che usciva dalle macerie della Seconda guerra mondiale aveva un tasso di natalità più del doppio di quello attuale. Per tutti questi motivi, bisogna letteralmente stravolgere la narrazione sulla natalità, la maternità, la genitorialità, la famiglia e la vita. I media mainstream, compresi il recente fenomeno degli influencer che spopolano tra i più giovani, negli ultimi 50 anni hanno messo in netto contrasto la realizzazione personale e il fare figli. Film, serie tv, youtuber e in definitiva tutto lo star system non fanno altro che indicarci un perenne godimento effimero e affermano che per vivere appieno la propria libertà bisogna essere privi di legami affettivi, che non esiste un per sempre, che è sempre meglio un se a un sì. Di conseguenza la famiglia è raccontata come il ricettacolo di tutte le ipocrisie e i compromessi al ribasso.

Questa narrazione ha contribuito a creare una crescente ripiegamento su sé stessi, sul proprio io ipertrofico che non scende a compromessi né tanto meno a sacrifici. Questo racconto va ribaltato ponendo i riflettori sulla bellezza della genitorialità e della famiglia, luogo per eccellenza dove si sperimenta la cura e la solidarietà gratuita. Fare figli deve tornare ad essere una sfida entusiasmante che apre la coppia al mondo, perché la prole che ricevono in dono un padre e una madre è un valore per tutta la società, che arricchisce tutto il tessuto sociale. Questo messaggio deve alimentare un humus culturale a cui devano attingere politici e imprenditori, intellettuali e artisti. In questa cornice la Chiesa può essere protagonista dell’impegno per riaprirsi alla vita.