Cosa vuol dire il mistero del Dio incarnato

La solennità di Ascensione in cielo di Gesù è molto misteriosa. Non è la festa più grande, sembra solo un passaggio tra Pasqua e Pentecoste. Sembra un non-compiuto. È il congedo con Gesù, che sembra definitivo, ma non completo. In realtà la partenza di Gesù è una cosa molto particolare e misteriosa. Fa due congedi e promette la consolazione e il suo ritorno. E come tutti i congedi delle persone vicine ed amate riempie coloro che rimangono di grande tristezza. Le sue tracce le possiamo trovare nel discorso, tanto commovente, registrato da San Giovanni apostolo alla fine dell’ultima cena.

Sono le parole di qualcuno che deve lasciare i suoi cari e ne soffre molto. Gesù dice chiaramente: “La tristezza ha riempito il vostro cuore” (Gv 16, 5).  Ma d’altro lato, vede un’altra prospettiva: “Ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gc 16,22-23). Ecco un esempio molto significativo che cosa vuol dire il mistero del Dio Incarnato, cioè l’intreccio meraviglioso tra natura divina e umana nella persona di Gesù Cristo. Come uomo, lui soffre perché deve lasciare le persone che ama. Come Dio sa, che alla fine tornerà e saranno insieme per sempre. Doveva solo convincerli di non essere tristi. La natura umana, dati i suoi limiti, ha purtroppo tendenze naturali verso la tristezza. San Leone Magno riassume questo processo di Gesù di disarmare la tristezza degli apostoli in modo molto chiaro: “i santi apostoli e tutti i discepoli che avevano trepidato per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla risurrezione, furono talmente rinfrancati dall’evidenza della verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell’alto dei cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono ricolmi di grande gioia” (Discorso sull’Ascensione).

Interessante che i racconti biblici sull’Ascensione non parlino molto della gioia. Forse essa richiedeva un tempo, dovendo maturare. San Luca negli Atti degli Apostoli scrive piuttosto di una sorta di stupore, espresso dallo sguardo fissato nel cielo: Gesù “mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo»”. Questo sguardo fissato raccoglie tutte le emozioni che potevano sentire. Si, gli apostoli forse non sono più tristi, ma non ancora pienamente allegri. Per dieci giorni ancora dovranno aspettare, pieni di paura al Consolatore che gli darà non solo gioia, ma tanti altri doni specifici per la loro missione. La tristezza, quella profonda, richiede tempo per scomparire completamente. San Matteo conclude il suo Vangelo senza parlare di gioia, ma con l’invio alla missione, stranamente rivolto da Gesù ai discepoli che dubitavano, “Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»”.

Quante sfumature emozionali: il passaggio tanto desiderato dalla tristezza alla gioia include anche il percorso dalla paura allo stupore, dai dubbi alla missione! L’incontro con Gesù tocca tutte le note della nostra vita emozionale, ci penetra, ci stravolge, ci trasforma. Tutte le emozioni sono importanti, ma tutte devono essere sottomesse alla dinamica divina per portarci, in fine, alla proclamazione del Risorto. È una bella lezione per noi: non dobbiamo fermarci sulla nostra tristezza. Si, conta, ma solo per un momento. Infine, deve lasciare posto alla gioia e non solo. Tale è il destino anche dei dubbi e anche dello stupore. L’Ascensione ci insegna che si deve andare oltre i momenti difficili, incontro a tutta la scala delle esperienze positive che ci porta il Paraclito, mandato dal Padre e da Gesù per toglierci definitivamente tutta la tristezza e altre emozioni negative che ci disturbano. In cambio riceviamo non solo la gioia ma anche “amore, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Ga 5, 22).