Editoriale

L’omertà del mondo insabbia l’orrore della tirannide eremita

In pandemia il mondo non ha occhi per l’orrore lontano. Eppure in Corea del Nord la violazione dei diritti umani è sistematica. Un bagno di sangue nella tirannia di Kim Jong-un. Una prassi infernale. Fatta di abusi sessuali. E condizioni di salute precarie. L’inchiesta di “Human Rights Watch” (Hrw) prova a scalfire l’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale. Facendo luce sull’abisso di barbarie e disumanità della dittatura di Pyongyang. A sconcertare è soprattutto la brutalità del sistema di detenzione preventiva della Corea del Nord. Dove “i sospettati sono vittime di una giustizia penale che li considera meno di animali”. Gli abusi dei diritti umani in Nord Corea sono stati documentati nel corso degli anni. Anche da una commissione d’inchiesta dell’Onu. Silenzio, invece sul sistema di giustizia preventiva. “Il sistema di detenzione preventiva e di indagine della Corea del Nord è arbitrario. Violento. Crudele. E degradante”, denuncia Brad Adams. Direttore per l’Asia di “Human Rights Watch“. I nordcoreani raccontano di vivere nella costante paura di essere intrappolati. In un sistema in cui le procedure ufficiali sono solitamente irrilevanti. La colpa è presunta. E l’unica via d’uscita è attraverso tangenti. E connessioni con il potere. Il quadro giuridico e istituzionale della Corea del Nord è debole. Così come la natura altamente politica dei suoi tribunali. E delle forze dell’ordine. Agli ordini del partito al governo nel “regno eremita”. Human Rights Watch ha intervistato otto ex funzionari governativi. E 22 ex detenuti. Sono tutti fuggiti dal paese dopo il 2011. L’anno in cui l’attuale leader, Kim Jong-un, è salito al potere. Una cortina di omertà e complicità avvolge sullo scacchiere geopolitico gli abusi. Inflitti sistematicamente dal regime ai sospetti criminali. E i maltrattamento dei detenuti. Incluse percosse con un bastone o calci. Un trattamento-standard. Particolarmente duro nelle prime fasi della carcerazione preventiva. “Abbiamo bisogno di confessioni durante le indagini e l’esame preliminare– spiega un ex agente- Quindi devi colpirli per ottenere la confessione”. Yoon Young-cheol, un ex detenuto, afferma che i sospetti sono trattati come se “valessero meno di un animale. Ed è quello che finisci per diventare”. Yoon, dipendente del governo, è stato arrestato dalla polizia segreta nel 2011. E’ stato duramente picchiato. Prima ancora di essere interrogato. E non gli è stato detto di essere accusato di spionaggio fino al giorno successivo. Non è stato perseguito per quelle accuse. Ma Yoon ha comunque trascorso cinque anni in un campo di lavori forzati. Per presunto contrabbando..Nelle strutture detentive le violenze sessuali sono “dilaganti“. Kim Sun-young, un’ex commerciante di 50 anni è fuggita dalla Corea del Nord cinque anni fa. E’ stata violentata in un centro di detenzione. Il governo ha sempre rifiutato di riconoscere pubblicamente le violazioni dei diritti umani. Opponendo un no secco alla richiesta delle Nazioni Unite di porre fine all’orrore. Ossia alla tortura endemica. Ai trattamenti crudeli. Inumani. E degradanti durante la detenzione. La Corea del Nord ha costantemente respinto le accuse per le violazioni dei diritti umani. Nonostante la commissione d’inchiesta dell’Onu abbia concluso che il regime compie “atrocità indicibili“. Contro il suo stesso popolo. Commettendo violazioni sistematiche. Diffuse e gravi. Dei diritti umani. Che equivalgono a “crimini contro l’umanità“.

Giacomo Galeazzi

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