Come comunicare la disabilità in maniera corretta

inclusione
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Parlare della disabilità è fondamentale per creare una società più attenta e inclusiva. Quando lo si fa però, è necessario e imprescindibile mettere sempre al centro le persone, le quali vengono prima di qualsiasi patologia o condizione di fragilità. Quindi, quando si comunica in merito a questi temi, è molto importante mettersi prima nei panni di coloro che vivono la disabilità in prima persona, conoscendo bene le loro problematiche quotidiane e quelle dei familiari caregiver. In altre parole, occorre la giusta conoscenza corredata dall’utilizzo dei termini più appropriati che valorizzino la persona e sappiano far comprendere cosa significa veramente vivere la disabilità.

Quello che potremmo definire il “parlare bene”, costituisce il primo baluardo verso una concreta e fattiva inclusione. Il passato era costellato di termini non adatti, i quali, in un certo senso, facevano sì che, la persona affetta da una determinata patologia, fosse identificata attraverso la stessa. Nell’ultimo trentennio invece, sono stati compiuti numerosi passi avanti. La legge 104 del 1992, dal punto di vista concreto, ha dato il via all’adozione di un nuovo paradigma in materia di percezione della disabilità nella società la quale, in anni più recenti, è sfociata in un modo nuovo e compiutamente inclusivo di comunicare la disabilità.

Occorre però che, ognuno di noi, persegua in maniera sempre più determinata l’obiettivo di comunicare la disabilità in maniera corretta e pensando prima alle persone. Questo però, deve far sì che, non solo per quanto riguarda gli organi di comunicazione, ma anche nei dialoghi di ogni giorno, i termini arcaici spariscano definitivamente dal vocabolario di tutti, lasciando il passo a una rivoluzione semantica e culturale di cui, il nostro Paese e l’umanità intera, hanno un grande bisogno. Siamo sulla strada giusta, ma resta ancora molto da fare per mutare la percezione globale della fragilità nella società.