La B.M.V. di Lourdes in processione dall'Ospedale alla Cattedrale

In occasione della 26ma Giornata Mondiale del Malato, dedicata quest’anno al tema “Mater Ecclesiae: ‘Ecco tuo figlio… Ecco tua madre’. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé (Gv 19, 26-27)”, l’Ufficio per la Pastorale della sanità della diocesi di Andria promuove per sabato 10 febbraio un’iniziativa spirituale “per favorire – si legge in una nota diffusa dalla Curia – l’attenzione al malto, alla sua famiglia e al mondo della cura, sia professionale sia del volontariato”.

Il programma

Alle 17:00 prenderà il via la processione con la statua della Madonna di Lourdes nei reparti dell’Ospedale civile “L. Bonomo” di Andria, che proseguirà poi all’esterno della struttura sanitaria. Farà ppi rotta verso la Cattedrale, dopo aver percorso via Duca di Genova, via Regina Margherita, piazza Imbriani, via De Gasperi, porta Castello, piazza Vittorio Emanuele II, via Vaglio, piazza La Corte. Alle 19:00, nel Duomo dedicato a Santa Maria Assunta il Vescovo della città di Andria, mons. Luigi Mansi, presiederà la Celebrazione Eucaristica che sarà trasmessa in diretta televisiva su Tele Dehon (in Puglia canale 18 del digitale terrestre e in hd sul 518).

La Giornata del Malato 2018

La prospettiva nella quale si colloca il tema scelto da Papa Francesco per la 26ma Giornata Mondiale del Malato è al vertice del dramma cristiano. La scena è quella – oscura e tragica – della crocifissione di Gesù. Lo strazio fisico e l’umiliazione morale e spirituale del suppliziato si snodano fra il dolore di pochi, l’aberrazione di chi tenta la sorte per spartirsi i poveri panni del Signore e i distinguo sofistici di chi vorrebbe cambiare il titolo della condanna scritto da Pilato. Una scena da brividi, la quale non deve apparire sfumata dal tempo, se solo prestiamo pietosa attenzione alle migliaia di calvari anonimi a cui ci stanno abituando questi tempi di violenza diffusa e generalizzata. A illuminare e ri-umanizzare questa scena da incubo sta l’insopprimibile dominio di Sé del Signore Gesù. Non un insopportabile stoicismo che si autoaliena dal dramma, ma la forza di un amore senza limiti, che costituisce l’essenza stessa di Dio.

Mentre il Suo corpo straziato non può più compiere un gesto, l’amore può ancora esprimersi nello sguardo e nella parola. “Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre…” (Gv 19,26). È la visione della madre che riscalda ancora per pochi istanti il cuore del Signore e lo spinge a parlare. Ma il contenuto di queste parole – collocate al centro di questa Giornata – ci lascia ammutoliti. Gesù non chiede pietà, conforto, sollievo, ma va incontro alla realtà concreta della persona più amata, la madre. Il Vangelo di Giovanni ci riferisce due espressioni destinate a realizzare una nuova comunione: “Donna, ecco tuo figlio!… Ecco tua madre!”. Gesù chiede a Maria di riconoscere il discepolo amato (nel quale è adombrato ciascuno di noi) come proprio figlio. E al discepolo Gesù consegna Maria per madre. Può aiutare – proprio nella prospettiva di attenzione al mondo della sofferenza che la Giornata del Malato vuole sollecitare – tentare di sondare ulteriormente la densità delle parole di Gesù. La parola greca, ripetuta due volte, che noi traduciamo con l’avverbio ecco, è la forma imperativa del verbo guardare.

Gesù ha guardato la madre, e da quello sguardo d’amore sorgono due imperativi: a Maria verso il discepolo – guarda tuo figlio – al discepolo verso la donna – guarda tua madre. Attraverso il Suo sguardo, Gesù apre una nuova dimensione della comunione e dell’amore, che trova risposta nell’obbedienza del discepolo: “E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé”. Qui c’è già tutta la Chiesa: Maria e il discepolo. Una comunità che sarà di lì a poco inestimabilmente arricchita nella sua imprescindibile dimensione sacramentale dall’effusione del Sangue e dell’Acqua dal costato del Signore.

Quello che Giovanni ci consegna, quindi, non è un fatto privato, una vicenda sulla quale calare un sipario di dolore e di silenzio, ma è la Chiesa nascente, capace di guardare, di parlare, e di accogliere. È lo stesso evangelista ad aiutarci in questa riflessione perché nel racconto giovanneo queste non sono le ultime parole di Gesù in croce. “Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”…Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito” (Gv 19,28-30). Afferma a questo riguardo l’autorevole biblista Raymond Edward Brown: “…il quadro giovanneo della madre di Gesù che diventa la madre del Discepolo Prediletto, sembra evocare i temi veterotestamentari di Sion madre che partorisce un popolo nuovo nell’era messianica, e di Eva e della sua stirpe. Queste allegorie confluiscono nella figura della Chiesa che procrea figli modellati su Gesù, e nell’immagine di amorevole cura che deve legare i figli alla madre […] quest’episodio ai piedi della croce è il completamento dell’opera che il Padre ha dato da fare a Gesù, nel contesto dell’adempimento della Scrittura […] Gesù mostra fino all’ultimo il suo amore per i suoi (13,1), perché simbolicamente ora egli provvede un contesto comunitario e di reciproco amore, in cui essi vivranno dopo la sua dipartita”.

Questa giornata ha quindi lo scopo di rinnovare la santa inquietudine di Cristo che porta a termine la missione del Padre, invitando i discepoli a guardare, riconoscersi, amare, farsi carico l’uno dell’altro.