Il recente rapporto dell'Istat ha evidenziato che in Italia tra il 2015 e il 2016 il numero di matrimoni ha ripreso a crescere sensibilmente, dopo aver conosciuto il picco nel 2014. Lo scorso anno si è di nuovo superata la soglia delle 200mila celebrazioni.
Cifre ancora lontane dagli oltre 300mila matrimoni di inizio anni Novanta. Forse, per almeno provare a raggiungere quelle cifre, può aiutare la diffusione di uno studio dei ricercatori dell'University College London, secondo cui sposarsi rappresenta una assicurazione contro il rischio di contrarre la demenza. Il matrimonio – scrivono i ricercatori sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry' – avrebbe un effetto protettivo per la mente e abbatterebbe il rischio di sviluppare demenza.
Sono stati analizzati i dati provenienti da 800mila persone di varie parti del mondo per esplorare la correlazione tra rischio di demenza e stato civile. L'esito dello studio testimonia che restare da soli per il resto della propria vita potrebbe impennare il rischio di demenza del 42% rispetto alle coppie sposate, così come chi resta vedovo vede aumentare le proprie probabilità del 20%.
Ma a cosa è dovuto questo scudo protettivo per chi è sposato? Secondo Laura Phipps di Alzheimer's Research Uk, “le coppie che convolano a nozze tendono a essere in condizioni finanziarie migliori, un fattore che è strettamente interconnesso con molti aspetti della nostra salute”. Inoltre, i coniugi tendono a spronarsi verso l’adozione di abitudini salutari e forniscono un importante sostegno sociale.
Uno stile di vita sano, infatti, può avere un impatto diretto anche sulla salute mentale: dieta sana, esercizio fisico, cura dei problemi medici come il diabete, può essere determinante per bloccare la demenza. Lo sottolinea Andrew Sommerlad, psichiatra fra gli autori del lavoro.
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