L’Onu ha chiesto un divieto in tutto il mondo dei mercati in cui si vendono animali selvatici al fine di evitare, in futuro, nuove pandemie: è stato proprio infatti da un mercato di questo tipo, quello cinese della città di Wuhan – evidenziano gli scienziati – che sarebbe probabilmente partita l’epidemia da nuova coronavirus che sta ora dilagando e che ha già portato alla morte di quasi 70mila persone nel mondo. Elizabeth Maruma Mrema, responsabile ad interim della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità, ha affermato che i Paesi, per evitare future pandemie, dovrebbero vietare i mercati dove si vendono direttamente animali, vivi o morti, destinati al consumo umano. Nelle scorse settimane la Cina ha emanato un divieto temporaneo ai mercati di fauna selvatica ma non ha ancora reso permanente il bando.
Il divieto non dovrebbe però toccare la filiera alimentare regolare, altrimenti si rischierebbe una ecatombe tra i poveri a causa di fame e malnutrizione. Lo dice una nota congiunta di Fao, Oms e Omc.“Dobbiamo garantire che la nostra risposta al Covid-19 non crei carenze ingiustificate dei prodotti di prima necessità, aggravando la fame e la malnutrizione”, scrivono i direttori generali dell’agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Organizzazione mondiale del commercio: il biologo cinese Qu Dongyu (a capo della Fao) il biologo etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus (alla guida dell’Oms) e il diplomatico brasiliano Roberto Azevêdo (numero uno dell’Omc). Le tre sigle chiedono al mondo intero di agire congiuntamente “per ridurre al minimo l’impatto potenziale” della pandemia “sull’approvvigionamento alimentare” scongiurando gravose conseguenze “sul commercio globale e sulla sicurezza alimentare specie per le popolazioni più vulnerabili”. Ostacolare la circolazione dei lavoratori dell’industria agricola ed alimentare potrebbe causare – avverte la nota della Fao-Oms-Omc – ritardi alle frontiere per i container alimentari, con il deterioramento delle merci deperibili e l’aumento degli sprechi alimentari. “L’incertezza sulla disponibilità di cibo può inoltre innescare un’ondata di restrizioni all’export, creando carenze sul mercato globale. Reazioni simili – ammoniscono i direttori generali di Fao, Oms e Omc – possono alterare l’equilibrio tra domanda e offerta di alimenti, con conseguenti picchi di prezzo e maggiore volatilità dei prezzi. Crisi precedenti ci hanno insegnato che queste misure sono particolarmente dannose per i Paesi a basso reddito e con deficit alimentare, andando inoltre a scapito degli sforzi delle organizzazioni umanitarie per procurare cibo a chi ne ha disperato bisogno”.
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