Sequestrati 21 milioni a uomini vicini al boss Messina Denaro

Maxi sequestro di beni nel Trapanese. Polizia e guardia di finanza di Trapani hanno confiscato 52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini, 8 terreni, 19 garage, autovetture, conti correnti e società, per un valore stimato di circa 21 milioni di euro, a carico di due imprenditori ritenuti essere stati “collusi con esponenti delle famiglie mafiose della provincia” – nonchè vicini al super boss latitante Matteo Messina Denaro – “attivi nel settore edile, che hanno operato nel lucroso settore dei lavori appaltati da enti pubblici in Sicilia”.

L'inchiesta

I risultati delle indagini, scrivono gli investigatori, hanno evidenziato “l'appartenenza dei due imprenditori a un gruppo di imprenditori che 'Cosa Nostra' ha utilizzato, su mandato di Matteo Messina Denaro, allo scopo di esercitare, per oltre un decennio, il condizionamento nelle fasi di aggiudicazione di appalti, nell'esecuzione delle opere e nelle forniture”.

In particolare, il vertice mafioso gestiva i meccanismi di controllo illecito sull'aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione dei lavori, prevedendo che l'impresa vincitrice dell'appalto versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti e una alla famiglia mafiosa di Trapani. 

L'operazione è stata compiuta da Polizia e Guardia di Finanza di Trapani su provvedimento emesso a conclusione di analisi condotte dagli agenti della Divisione Anticrimine, svolte in collaborazione con la Divisione Anticrimine e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani.

Matteo Messina Denaro (Castelvetrano, 26 aprile 1962) è un mafioso legato a Cosa nostra soprannominato 'U siccu (“il magro”), a causa della sua costituzione fisica; è ricercato dal 1993 e deve scontare l'ergastolo per il sequestro del piccolo Giuseppe di Matteo, figlio del pentito di mafia Santino di Matteo, strangolato e sciolto nell'acido l'11 gennaio 1996 dopo quasi due anni di prigionia.