Era pronto a fuggire in Albania Igli Meta uno dei due ragazzi fermati per l’omicidio di Ismaele Lulli, il ragazzo di 17 anni di Sant’Angelo in Vado (Pesaro-Urbino). Stava dormendo in macchina e aveva con sé una grossa somma di denaro. Per gli inquirenti sarebbe lui l’esecutore materiale di un delitto che, in conferenza stampa, definiscono “feroce” date le modalità: il ragazzo, infatti, è stato quasi decapitato con un coltello che non è ancora stato trovato ed è morto per la violenta emorragia.
Ora Meta, che avrebbe materialmente ucciso il 17enne di sant’Angelo in Vado, ha agito per gelosia. E ora intende confessarlo. Ad annunciarlo è il suo legale, Salvatore Asole, che ha chiesto al pm Lilliu un interrogatorio formale. “Il ragazzo mi ha pregato di dire che chiede perdono alla famiglia e alla cittadinanza. E ci tiene a dire che da parte sua non c’era nessuna volontà di uccidere. -ha spiegato il legale di Meta – Ha ammesso di aver attirato la vittima ma solo per dargli una lezione, per un motivo passionale. la situazione gli è poi sfuggita di mano”.
I due, cittadini albanesi senza precedenti penali, sono stati rintracciati grazie all’esame dei tabulati telefonici, dei social network e sentendo gli amici dei tre giovani, che si frequentavano. Meta e Nema avrebbero incontrato la vittima alla stazione dei bus e lo avrebbero invitato a fare un bagno al fiume. Invito che lui avrebbe accettato senza problemi, salendo sull’auto senza costrizione. Poi l’aggressione nel bosco di San Martino in Selva Nera, una frazione del Comune di Sant’Angelo in Vado. Un poggio circondato da cipressi, luogo ideale per vedere senza essere visti.
Prima un calcio in testa per stordirlo, visto il suo metro e ottanta di altezza, poi il tentativo di legarlo con del nastro da pacchi e, infine, l’omicidio. Poi il cadavere è stato gettato in un dirupo, nella speranza che nessuno lo trovasse. Subito dopo i due giovani sono andati a fare il bagno al fiume liberandosi via via del vario materiale usato per l’omicidio. Nella furia hanno anche portato via una scarpa alla vittima. L’accusa è di omicidio volontario, esclusa per ora la premeditazione. Quando all’sms partito dal cellulare della vitima e inviato alla mamma: ‘Cambio vita, non mi cercate’, secondo gli inquirenti è improbabile possa essere stato inviato da lui. In casa, infatti, non manca niente e il suo videogioco è ancora acceso.
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