Omicidio Fortuna Loffredo, i pm chiedono l’ergastolo per Caputo

Sei mesi d’isolamento diurno ed ergastolo. E’ la richiesta dei pm Domenico Airoma e Claudia Maone nei confronti di Raimondo Caputo, soprannominato Titò, accusato di aver ucciso la piccola Fortuna Loffredo, a Caivano, nei pressi di Napoli, nel 2014. La richiesta è stata formulata al termine della requisitoria davanti ai giudici della quinta sezione della Corte d’Assise. Inoltre, i pm hanno chiesto anche 10 anni di reclusione per Marianna Fabozzi, l’ex compagna di Caputo imputata per concorso in abusi sessuali.

La requisitoria di Airoma

“Condannando Caputo scriverete che l’omertà non serve, che la verità è più forte e alla fine viene fuori. In questo caso è venuta fuori per bocca dei bambini, gli adulti in questa vicenda non ci hanno fatto una bella figura” ha detto il pm Airoma ai giudici della Corte d’Assise di Napoli, nella sua requisitoria. “Se lo condannerete non spareremo fuochi d’artificio, ogni fatto e condanna del genere è una sconfitta per l’umanita – ha aggiunto -. Ma sarò contento, perché alcuni dei personaggi passati in questo dibattimento, che pensavano di trasformare quest’aula in una sorta di retrobottega di sceneggiata indegna della vera sceneggiata napoletana, saranno coperti da infamia per aver ostacolato la giustizia”.

L’omicidio della piccola Fortuna

Fortuna, di sei anni, secondo la ricostruzione emersa dall’inchiesta, venne lanciata da un terrazzo della sua abitazione, sita all’ottavo piano, il 24 giugno del 2014. Raimondo Caputo avrebbe ucciso la piccola poiché aveva rifiutato l’ennesimo tentativo di violenza sessuale. Nella sua requisitoria, Airoma, inoltre, ha evidenziato, come ulteriori elementi di prova, quanto emerso dalle intercettazioni ambientali, nonché la testimonianza ritenuta assolutamente veritiera di un’amicha di Fortuna che sarebbe stata testimone degli ultimi istanti di vita di Chicca, così come era chiamata la bambina.

Le coperture di Fabozzi

Fortuna, dopo aver subito i condizionamenti di Marianna Fabozzi e dei suoi familiari che le imponevano di tacere o fornire false versioni agli inquirenti, secondo i pm disse la verità quando fu allontanata dal suo contesto familiare e portata in una casa famiglia insieme con la sorellina più piccola, anch’essa vittima dei presunti abusi di Caputo.