Il sequestro, avvenuto in Libia il 19 luglio 2015, di Salvatore Failla e Fausto Piano – uccisi in un conflitto a fuoco nel febbraio del 2016 – e di Gino Pollicardo e Filippo Calcagno – che invece riuscirono a fuggire e poi a tornare in Italia – poteva essere evitato se la Bonatti avesse adottato una serie di misure necessarie a tutela dei suoi lavoratori.
Proprio per questo motivo, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio, per cooperazione colposa nel delitto doloso collegato alla morte di Failla e Piano, per cinque dirigenti della ditta di Parma, da anni impegnata nel settore “oil and gas” con appalti commissionati dalle più grandi compagnie petrolifere mondiali. La richiesta di rinvio a giudizio è stata notificata al presidente della Bonatti Paolo Ghirelli, a tre componenti il consiglio di amministrazione e al responsabile dell’azienda per la Libia Dennis Morson. Il rinvio a giudizio è stato sollecitato dal pm Sergio Colaiocco anche nei confronti della stessa azienda, che dovrà rispondere di illecito amministrativo in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti, perché – secondo chi indaga – nel 2015 in Libia era ben nota a tutti la situazione di pericolo. L’ambasciata era stata chiusa nel febbraio di quell’anno e la Farnesina, alla luce di un peggioramento delle condizioni, aveva invitato le società italiane impegnate in Libia ad andarsene o a elevare le misure di sicurezza a beneficio dei lavoratori.
Nel capo di imputazione si sottolinea come i vertici della Bonatti ed il loro rappresentante in Libia avrebbero omesso di adottare tutte le cautele necessarie per evitare che i loro tecnici impegnati nel paese nordafricano fossero esposti alle attenzioni delle bande criminali locali. I quattro dipendenti furono sequestrati durante il loro trasferimento a Mellitah, zona interna della Libia in cui ci sono cantieri Eni e dove operano i dipendenti della Bonatti. Contrariamente a quanto avvenuto per altri spostamenti, quello del luglio 2015 avvenne su auto con autista e non via nave dall’isola di Djerba, in Tunisia, secondo quanto previsto dai protocolli depositati presso la Farnesina. Sugli omicidi di Salvatore Failla e di Fausto Piano, rimane aperto alla procura di Roma un fascicolo contro ignoti.
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