In Campania un paese cablato dalla camorra 2.0

Quando entrarono nel bunker di Michele Zagaria, Capastorta come chiamavano il cassiere del clan dei Casalesi, i poliziotti della mobile di Napoli e Caserta in effetti trovarono un citofono. Era il dicembre 2011. A tradire il boss, latitante da sempre, una telefonata della figlia dell’uomo che lo nascondeva nel sotterraneo blindato della sua villetta a Casapesenna, nel cuore della terra dei fuochi: “Sta citofonando zio Michele”, aveva detto la ragazza all’interlocutore. Sì, ma citofonando da dove? Non da fuori, bensì dalle viscere della terra, si scoprì subito, e per Zagaria fu finita. Dunque la presenza del citofono non era una novità. Ma che la rete di collegamento del boss fosse estesa al punto da coprire mezzo paese, questa è una scoperta degli ultimi giorni.

È la camorra 2.0, quella che i poliziotti coordinati dai pm della DDA hanno portato alla luce. Anni prima che in Italia si parlasse di fibra ottica, mezzo paese era stato cablato con lavori assolutamente perfetti da un punto di vista tecnico. Una sorta di interfono privato che a Zagaria permetteva di comunicare direttamente con i fedelissimi senza alcun rischio di essere ascoltato; il sistema messo in piedi dagli esperti al soldo dei Casalesi prevedeva un sofisticato allarme anti intrusione in grado di segnalare immediatamente qualsiasi calo di tensione nella rete e perfino un amplificatore di segnale per comunicare senza difficoltà. Un sistema ben diverso da quello usato ad esempio da zio Binnu, Bernardo Provenzano, il capo dei capi di cosa nostra: i pizzini, foglietti di carta redatti nell’eremo della latitanza e consegnati a mano ai suoi seguaci. Tutt’altra pasta quella di Zagaria, mente economica dei Casalesi, amministratore di un impero che all’epoca d’oro valeva miliardi di euro.

Gli agenti in queste ore hanno scoperto e sequestrato centinaia e centinaia di metri di cavi che dal bunker scoperto nel 2011 raggiungevano non solo le case degli affiliati storici, già conosciuti come tali, ma anche di parecchi insospettabili. E non c’è solo questo. Spiegano infatti gli investigatori che per completare le opere, praticamente buona parte del paese deve essere stato messo sotto sopra. E si non parla di Los Angeles, ma di Casapesenna, poche migliaia di anime, con le sue molte banche e le sue strade curate una sorta di piccola Svizzera in provincia di Caserta. Parecchi insomma – certo non tutti ! – devono aver visto e saputo quello che succedeva, parecchi dovevano conoscere il segreto di Pulcinella del territorio cablato a uso e consumo del boss. Ma nessuno ha mai parlato. Neppure quattro anni dopo l’arresto di Capastorta.