É stato l’esame del Dna a inchiodare L. A., l’operatore sanitario di 39 anni dell’Oasi di Troina che ha violentato una disabile affetta da gravissime patologie connesse ad una malattia genetica e che ora aspetta un bambino. I sostituti Procuratori di Enna, Stefania Leonte e Orazio Longo hanno disposto il fermo, al termine del lungo interrogatorio in cui l’operatore ha confessato. Intanto continuano le indagini per chiarire ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali responsabilità.
Secondo le prime dichiarazioni l’operatore durante una delle tante notti prestate in struttura, approfittando dell’assenza temporanea dell’infermiere, avrebbe violentato la giovane che conosceva da anni. L’uomo è sposato, ha due figli e non ha precedenti. É subito apparso particolarmente nervoso e confuso. Inoltre è emerso che sarebbe stato autorizzato ad accedere all’Oasi, in quel periodo, per carenza di personale come operatore socio sanitario. Il suo posto era proprio nel reparto dove erano stati trasferiti tutti i ricoverati risultati positivi al Covid.
La squadra mobile di Enna guidata da Nino Ciavola ha disposto subito il “codice rosso”. A denunciare i fatti alla Squadra Mobile lo scorso 11 settembre sarebbe stato l’avvocato, nominato dalla famiglia della vittima che soffre di gravissime patologie connesse ad una rara malattia genetica.
I genitori, ascoltati dalla squadra mobile, hanno confermato che sarebbe stato il personale della struttura ad informarli della gravidanza della figlia. Tutto ciò quando ormai era giunta alla 25esima settimana di gestazione. All’Oasi, infatti, nessuno si sarebbe accorto della gravidanza. L’aumento di peso della ragazza si pensava dipendesse dal fatto che, durante il lockdown, ai degenti era permesso di mangiare di più o a causa dei farmaci.
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