Mancanza di prove certe”. Con questa motivazione un tribunale del Pakistan ha assolto il padre, lo zio e il fratello di Sana Cheema, la 25 italo-pachistana portata via da Brescia nell'aprile del 2018 per costringerla a nozze combinate nel Paese d'origine della famiglia e poi uccisa perché le aveva rifiutate. I familiari, in un primo momento, avevano detto che Sana era morta per cause naturali, ma poi l'esame autoptico aveva rivelato che la giovane era stata strangolata.
Dopo tre mesi di processo, il giudice Amir Mukthar Gondal, del tribunale di Gujrat, nel Punjab, ha ordinato il rilascio del padre di Sana, Ghulam Mustafa Cheema, dello zio Mazhar Cheema e del fratello Adnan per mancanza di prove che scongiurino “ogni ragionevole dubbio”. Durante le indagini i tre familiari avevano confessato di aver ucciso la ragazza perché aveva “disonorato” la famiglia. Confessione poi ritrattata.
“Che vergogna! Se questa è 'giustizia islamica' c'è da aver paura. Una reghiera per Sana. Scriverò al mio collega, il ministro dell'Interno pakistano, per esprimere il rammarico del popolo italiano”, ha affermato il ministro dell'Interno Matteo Salvini, commentando l'assoluzione dei familiari di Sana.
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