Tensioni in Venezuela, dopo che il giovane Juan Guaidó, leader dell'Assemblea nazionale, si è autoproclamato presidente “pro tempore” del Paese. Guaidò guida il Parlamento dominato dall'opposizione e dichiarato nei giorni scorsi “illegittimo” dal Tribunale supremo controllato dal regime. In piazza, davanti ai sostenitori riuniti a Caracas, Guaidó aveva lanciato la sua sfida a Nicolás Maduro, l'uomo che due settimane fa si era insediato per un secondo mandato presidenziale dopo le elezioni. Voto che però l'opposizione non ha mai riconosciuto e che diversi Paesi considerano illegittimo il leader chavista.
Nella repressione messa in atto dalla polizia e dai militari contro le proteste antigovernative in Venezuela, tra ieri e l'altro ieri sono stati 14 i morti, di cui nove mercoledì e cinque martedì. Lo riferisce l'ong Observatorio Venezolano de Conflictos Sociales y de Provea su Twitter ripreso da Ansa. Secondo quanto riporta El Mundo, inoltre, dall'inizio delle proteste contro Nicolas Maduro, lunedì scorso, sono stati 218 i manifestanti arrestati.
Intanto Guaidò incassa il “Sì” degli Usa. Donald Trump è stato il primo a riconoscere Guaidó come capo dello Stato. “Non consideriamo nulla, ma tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca quando gli è stato chiesto se intendesse inviare i militari statunitensi in Venezuela. Sulla scia americana, hanno fatto seguito gli appoggi anche di Canada, Argentina, Brasile, Perù, Ecuador, Costa Rica, Paraguay e Messico. Il Brasile ha poi specificato che non parteciperà né appoggerà un intervento militare in Venezuela. Lo ha detto il vicepresidente brasiliano Hamilton Mourao: “Il Brasile non parteciperà in nessun intervento, non fa parte della nostra politica esterna l'intervenire nelle questioni interne di altri paesi”.
Maduro isolato? No, al suo fianco c'è Cuba, Nazione vicina e principale partner commerciale. Il presidente cubano Miguel Diaz-Canel ha manifestato via twetter il “supporto e sostegno” della nazione “per il presidente Nicolas Maduro dopo i tentativi imperialisti di screditare e di destabilizzare la rivoluzione boliviana”. Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, ha poi definito la mossa di Guaidò “un tentato colpo di Stato”.
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