Altro sangue in Bolivia, Stato dell'America meridionale, da settimane flagellato da scontri di piazza in seguito alle dimissioni, avvenute lo scorso 10 novembre, del presidente Evo Morales. Morales, al potere per tre mandati consecutivi dal 22 gennaio 2006, è uscito di scena in seguito a un colpo di stato, durante il quale polizia e militari hanno chiesto le sue dimissioni, dopo l'accusa di aver truccato le ultime elezioni presidenziali.
Si è conclusa con un bilancio di tre manifestanti morti e almeno altri 30 feriti una battaglia campale svoltasi nelle vicinanze di un impianto per lo stoccaggio di carburante dell'impresa statale Ypfb a Senkata, vicino a El Alto, in Bolivia. Lo riferisce l'Ufficio del Difensore del popolo boliviano. L'impianto – scrive Ansa – era stato bloccato da tempo da manifestanti pro-Morales, al punto che nella capitale già era evidente la mancanza di benzina e diesel, per cui in mattinata è scattata una operazione in grande stile delle forze di sicurezza che, con l'utilizzo di armi e lacrimogeni e l'appoggio di elicotteri, hanno avuto ragione della resistenza di chi appoggiava il blocco. In un primo momento si sono solo viste le autocisterne uscire dal deposito con il carburante per dirigersi verso La Paz e poi alcune ambulanze lasciare il luogo degli scontri. Con il passare delle ore però è emersa la durezza della repressione e il tragico epiloco, con morti e feriti, che si aggiungono alla già lunga lista di vittime. Lo scorso 18 novembre, infatti, la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) e la Defensoria del pueblo boliviana hanno informato in un report che solo lo scorso fine settimana si sono registrate 9 vittime e 122 feriti, mentre dall’inizio degli scontri, in meno di un mese di proteste, ci sono stati 23 morti e 715 feriti, tra cui otto giornalisti.
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