Yemen, gli orrori di un conflitto dimenticato

Intervista di Interris.it alla dottoressa Chiara Cardoletti, rappresentante Unhcr per l'Italia, la Santa Sede e San Marino

La guerra è un controsenso della creazione“. Parole forti quelle pronunciate da Papa Francesco ospite di Che tempo che fa con Fabio Fazio. “Pensa ad esempio allo Yemen, quanto tempo che lo Yemen soffre una guerra, è un esempio chiaro e non si trova una soluzione al problema, da almeno sette anni”.

Un orrore senza fine che dura da sette anni

A marzo di quest’anno ricorreranno i 7 anni dall’inizio del conflitto in Yemen. Una guerra che ha fatto centinaia di migliaia di vittime e almeno 4 milioni di sfollati interni. Ma la fotografia che mostra tutta la crudeltà e l’orrore di questo conflitto dimenticato dal resto del mondo l’ha scattata il Consiglio di sicurezza dell’Onu: pochi giorni fa è stato pubblicato un report che parla di quasi 2 mila bambini soldato morti combattendo tra gennaio 2020 e giugno 2021.

Nelle ultime due settimane di gennaio si sono avvicendati più e più attacchi: un gruppo armato degli Houthi ha colpito una struttura petrolifera di Abu Dhabi, causando tre vittime civili. Alcuni giorni dopo un missile ha colpito il sud dell’Arabia Saudita. Così la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha lanciato una pioggia di missili sulla capitale yemenita Sana’a e altre zone del Paese. Il 20 gennaio il porto di Hudaydah è stato colpito da attacchi aerei provocando numerosi morti. Il 21 gennaio a Sa’da, una struttura di detenzione per migranti è stata attaccata durante la notte, insieme ad altri edifici, provocando, la morte di 80 persone e 200 feriti.

L’intervista

Sulla situazione in Yemen, Interris.it ha intervistato la dottoressa Chiara Cardoletti, rappresentante Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite) per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.

Dottoressa, qual è l’attuale situazione in Yemen?

“Questo conflitto, di cui si parla ormai troppo poco, si muove molto velocemente e rispondere alle varie emergenze diventa sempre più difficile. Ad oggi, ci sono oltre quattro milioni di persone sfollate e più di venti milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria. Se pensiamo che lo Yemen è abitato da circa 30 milioni di abitanti, si capisce bene che siamo arrivati al punto in cui ci sono più persone che fanno fatica ad arrivare alla fine della giornate di quelle che riescono a vivere in maniera degna. Un conflitto che ha fatto molto vittime”.

In questo stato di conflitto, quali sono le problematiche più gravi e impellenti a cui deve far fronte la popolazione? 

“La situazione più grave riguarda la sicurezza alimentare. Le famiglie, soprattutto quelle sfollate, non riescono ad arrivare alla fine della giornata. Il nostro lavoro si sta concentrando prevalentemente su questo aspetto, dare aiuti a livello economico. Abbiamo un problema legato all’embargo sul carburante che ha reso l’economia dello Yemen ancora più debole. La situazione riguardante la pandemia da Covid-19 sta rendendo tutto molto più complesso: più della metà delle strutture ospedaliere non sono pienamente funzionanti. La situazione alimentare e quella sanitaria sono una grande preoccupazione. A questi due elementi di crisi si nota un aumento di famiglie che vedono al loro vertice una donna. Un fattore che, in un Paese estremamente conservatore come è lo Yemen, crea notevoli difficoltà nella gestione quotidiana del nucleo familiare. Molteplici problematiche che si sommano le une alle altre e rendono la vita dei civili particolarmente complicata”.

Nei giorni scorsi si è verificata un’escalation di violenze. La coalizione a guida saudita ha compiuto un raid aereo che ha coinvolto oltre 100 persone, tra feriti e vittime. Un segnale che una soluzione pacifica è sempre più un miraggio?

“Assolutamente sì. I fronti del conflitto continuano ad aumentare. Solo nel 2021 si sono aperti 14 nuovi fronti di guerra nel Paese. Un’evoluzione molto veloce, è difficile operare in questo modo. Noi abbiamo una grande presenza sul territorio e abbiamo mirato la nostra risposta fornendo principalmente aiuti economici e una casa. Sono i civili che stanno soffrendo di più. Le Organizzazioni internazionali, come Unhcr, possono dare una risposta immediata rispetto alla situazione umanitaria, però i governi devono trovare una soluzione per chiudere il conflitto e far tornare la pace nel Paese. Il rapporto 2019 del Progetto di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) “Valutare l’impatto della guerra nello Yemen”, stima che il Paese potrebbe essere considerato il paese più povero sulla Terra entro il 2030 se il conflitto continua: questo Paese è stato distrutto da un conflitto completamente inutile”.

Da un rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu emerge che tra gennaio 2020 e giugno 2021 circa 2.000 bambini sono morti dopo essere stati reclutati come soldati da impiegare nel conflitto…

“Sì, purtroppo, come Unhcr queste situazioni le vediamo molto spesso. E’ uno dei grandi drammi di questi conflitti: i bambini vengono reclutati per combattere nei molteplici fronti della guerra, perché possono essere più facilmente manipolati. Anche se non muoiono nei combattimenti vengono distrutti per tutta la vita, vedono orrori inimmaginabili, a questi bambini viene strappato il futuro che dovrebbero vivere”.

Della guerra in Yemen si parla sempre meno, spesso si hanno notizie quando si verificano grandi attacchi e sono proprio le Ong a renderle pubbliche. Come mai?

“Lo Yemen è uno dei conflitti di cui non si parla. Nei nostri telegiornali non si accenna alla guerra in Burkina Faso o in Mali, o in altre parti del mondo dove sono in corso conflitti estremamente cruenti. Accade perché non ci sono in ballo interessi economici internazionali. Queste sono guerre dimenticate, sempre meno evidenti e meno presenti nella mente dell’Occidente. Si fa sempre sempre più fatica a rispondere”.

Cosa potrebbe fare la comunità internazionale?

“Impegnarsi per trovare delle soluzioni pacifiche a queste guerre e proteggere i civili perché sono quelli che devono affrontare le conseguenze più drammatiche. Negli ultimi anni, le tattiche di guerra vanno sempre più contro ai diritti umanitari. Il nostro appello è sempre lo stesso, bisogna puntare alla pace, non solo in Yemen, ma in tutti i conflitti, e portare aiuto alle persone sfollate che in questo Paese, sono ormai più di 4 milioni”.