Trasformare la precarietà in stabilità per aiutare i più fragili

Interris.it ha intervistato il portavoce della Comunità di Sant'Egidio in merito alle nuove povertà e alle difficoltà portate dalla pandemia

La pandemia da Covid-19 ha aumentato notevolmente il numero di coloro che, per molteplici fattori, quali appunto la perdita del lavoro, i rincari delle bollette e la precarietà sono in uno stato di forte bisogno e povertà. Basti pensare che, secondo i dati presentati in un recente report della Comunità di Sant’Egidio, i nuovi poveri sono oltre un milione – in condizione di povertà assoluta – a cui si aggiungono circa 2 milioni di famiglie, per un totale di 5,5 milioni di persone, tra cui 1,3 milioni di persone sono minori.

La storia di Sant’Egidio

Sant’Egidio è una Comunità cristiana nata nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II, per iniziativa dell’allora studente Andrea Riccardi, in un liceo del centro di Roma.  Oggi è una rete di comunità, presente in più di 70 Paesi del mondo con oltre 60 mila aderenti e una più vasta cerchia di simpatizzanti e amici che collaborano attivamente in diverse iniziative.  È conosciuta nel mondo per il suo impegno sociale e religioso, il lavoro per la pace e il dialogo, le campagne per i diritti. Raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.

Il pranzo di Natale e l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola”

Il pranzo di Natale è una tradizione della Comunità di Sant’Egidio, nata il 25 dicembre 1982, quando alcuni poveri furono accolti nella basilica di Santa Maria in Trastevere. Da allora ogni anno la Comunità raduna intorno al tavolo delle feste tutti i poveri che aiuta e sostiene durante l’anno, come senza fissa dimora, migranti, anziani soli e famiglie in difficoltà.  In quasi quarant’anni il banchetto si è allargato raggiungendo un numero crescente di persone in difficoltà in oltre 70 Paesi in tutto il mondo. Quest’anno, dopo lo stop causato dalla pandemia nel 2020, attraverso la campagna solidale “Aggiungi un posto a tavola”, per regalare ai più fragili un pranzo degno della festa, Sant’Egidio vuole raggiungere almeno 80mila persone in difficoltà sparse in tutta Italia, 240mila in tutto il mondo, per regalare loro un pasto abbondante e vivere una festa che non escluda nessuno. Per contribuire basta un sms o una chiamata da rete fissa al numero 45586. L’iniziativa è attiva fino al 27 dicembre.

La guida di Sant’Egidio per le persone in difficoltà

In occasione del Natale, al fine di fornire una guida concreta a coloro che sono in difficoltà, la Comunità di Sant’Egidio ha pubblicato la guida denominata “Dove mangiare, dormire lavarsi” giunta alla trentaduesima edizione e distribuita gratuitamente dalla Comunità di Sant’Egidio e rivolta alle persone senza fissa dimora e a chiunque abbia bisogno: poveri, cittadini stranieri, anziani. Una bussola utile per orientarsi nel mondo della solidarietà. 274 pagine di luoghi e servizi per chi cerca aiuto e accoglienza: mense, dormitori, distribuzioni alimentari itineranti, centri di ascolto. Interris.it ha intervistato su questi temi il dottor Roberto Zuccolini, giornalista e portavoce della Comunità di Sant’Egidio.

L’intervista

In che modo la pandemia ha influito sulla condizione delle famiglie? Chi sono le persone che si rivolgono a voi per ricevere aiuto?

“La pandemia ha influito moltissimo, basti pensare che a Roma prima dell’emergenza sanitaria c’erano soltanto tre centri di distribuzione e ora ne abbiamo ventotto. In generale la stessa ha influito perché i poveri all’inizio della pandemia, soprattutto quelli che vivevano per strada, hanno sofferto della mancanza di vicinanza delle persone che normalmente si fermano per aiutare. Si diceva a tutti di tornare a casa e di restare a casa ma coloro che non avevano una casa riscontravano dei problemi molto grandi. Quindi, noi siamo usciti e ci siamo recati a trovarli portando loro da mangiare, tenendo sempre aperte le nostre mense – anche nel periodo in cui era vietato sedersi a tavola per le norme anti Covid-19 – abbiamo preparato dei pasti e, coloro che ne avevano bisogno venivano a prenderli. Ora la mensa per fortuna è riaperta per i vaccinati e siamo felici di poter fare il prossimo pranzo di Natale nella Basilica di Santa Maria di Trastevere in presenza dopo che lo scorso anno non era stato possibile.

Le persone che si rivolgono a noi in questo periodo di pandemia sono di tutti i tipi, la nazionalità più rappresentata è quella italiana seguita da quella peruviana e sono persone di età per lo più dai 36 ai 50 anni che hanno perso il lavoro e quindi trovano difficoltà a ritrovarlo data l’età”.

Come si può contrastare in maniera più efficace la povertà? Quali sono le misure che le istituzioni dovrebbero mettere in campo?

“Per contrastare la povertà è necessario eliminare il più possibile una fascia di precarietà ancora molto grande in ambito lavorativo. Le mansioni a tempo determinato aiutano sicuramente a risollevarsi nel breve periodo e molte persone che venivano nei nostri centri di distribuzione e che ora hanno dei lavori precari, stanno sicuramente meglio rispetto a un anno fa. Ma questa è una condizione che si deve trasformare e passare dalla precarietà alla stabilità. Questa è la cosa più importante: noi chiediamo alle istituzioni che questo passaggio venga aiutato in tutti i modi. Il governo ha messo in campo molte iniziative per poter aiutare le fasce di popolazione più povere e il Pnrr che è stato varato dovrà fare attenzione alle persone più fragili. Auspichiamo appunto che la precarietà venga trasformata in stabilità”.

Quali auspici nutrite per il futuro?

“Innanzitutto, di poter uscire finalmente in maniera definitiva da questa condizione di emergenza creata dalla pandemia. Quindi che le vaccinazioni raggiungano tutta la popolazione perché, in realtà, di questa condizione soffrono soprattutto i più poveri e i più fragili. Noi, per fare un esempio, abbiamo chiesto al Generale Figliuolo di poter aprire un hub vaccinale per le persone più fragili, che sono sia coloro che vivono per strada ma anche molti stranieri che non avevano il codice fiscale o la tessera sanitaria ancora pronta. Si tratta di una fascia della popolazione che non è no-vax, ma che – per tanti motivi – non era riuscita ad arrivare alla vaccinazione perché necessitava di essere accompagnata con le necessarie spiegazioni sul perché è necessario vaccinarsi, ma aveva anche difficoltà burocratiche. Questo ha portato, da luglio scorso, con l’aiuto dell’Asl Rm1 e della Regione Lazio, favorito dal Generale Figliuolo che si è trovato d’accordo con la nostra proposta, all’immunizzazione di ottomila persone con fragilità. L’hub vaccinale della Comunità di Sant’Egidio è aperto due giorni alla settimana, finora abbiamo somministrato tredicimila dosi e continueremo a farlo. Noi auspichiamo che la pandemia sia un’occasione per tutta la società per ripartire insieme, senza lasciare indietro nessuno”.