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Dieci anni senza Steve Jobs. Da figlio di un rifugiato siriano a icona hi tech

“Non c’è un giorno che non pensiamo a Steve Jobs. Sarà sempre il Dna di Apple”, afferma Tim Cook inaugurando il teatro a lui dedicato nell’Apple Park. La nuova sede dell’azienda di Cupertino a cui il suo fondatore aveva lavorato fino all’ultimo. Tim Cook ha preso il testimone a fine agosto 2011. Quando Jobs si è dimesso per motivi di salute. E ha portato avanti in questi dieci anni un’azienda non facile da gestire. Con un’eredità così pesante sulle spalle. E con temi sempre più pressanti legati alla privacy. E alla concorrenza.

Svolta green

Tim Cook è l’ingegnere che ha dato all’azienda californiana una svolta green. Nei prossimi anni, però, potrebbe non essere più alla guida dell’azienda. Per sua stessa ammissione. E a quel punto si riaprirà la nuova difficile partita per prendere il testimone della Apple di Steve Jobs. “Siate affamate, siate folli”. E’ il messaggio che Steve Jobs ha lasciato in eredità ai giovani nel suo famoso discorso agli studenti della Standford University.

L’eredità di Steve Jobs

Scomparso il 5 ottobre 2011 a 56 anni, il co-fondatore della Apple è diventato un simbolo di innovazione e creatività. E il suo mito resta vivo a dieci anni dalla morte. In molti sostengono che la sua visione produca benefici a lungo termine. E che il lascito di Steve Jobs permettono ancora oggi al colosso di Cupertino di essere un punto di riferimento in diversi settori. Dagli smartphone ai computer. L’azienda nei prossimi dieci anni potrebbe prepararsi nuovamente ad un cambio di leadership. Con l’addio di Tim Cook.

Immaginario comune

Nel corso di questi anni, ricostruisce l’Ansa, a Steve Jobs sono stati dedicati libri e film. E le case d’aste continuano a fare affari con i cimeli che affiorano di tanto in tanto. Dal suo “curriculum vitae”. Alla prima domanda di lavoro. Ai biglietti da visita ai manuali autografati. Segno che la sua figura carismatica nell’immaginario comune ancora non è stata sostituita. Una icona senza tempo. In jeans e dolcevita nero.

Rifugiati

Forse solo Elon Musk, con la sua visione e la sua spregiudicatezza, può accendere nuovi entusiasmi. Steve Jobs, nato a San Francisco il 24 febbraio 1955, di origini siriane per parte di padre, non fu cresciuto dai suoi genitori naturali. Ma fu dato in adozione. Particolare della sua vita privata che ha ispirato anche Banksy. L’artista inglese qualche anno fa lo ha ha ritratto con un computer e una sacca sulle spalle. Nel campo profughi di Calais, in Francia. Per portare l’attenzione sulla crisi dei rifugiati.

Bici per la mente

Apple è stata fondata da Steve Jobs nel 1976. Con Steve Wozniak e Ronald Waynee. In un garage. Ed è passata dal quasi fallimento alla capitalizzazione di trilioni di dollari. Per lunghi anni nell’azienda Jobs ha immaginato o reimmaginato quasi tutta la tecnologia che usiamo ogni giorno. Dal personal computer col mouse (“il computer è una bicicletta per la mente“, diceva). All’iPhone che ha rivoluzionato il concetto di telefono. E che per il Time è tra i gadget più influenti del decennio. All’iPod e ad iTunes che hanno aperto la strada alla smaterializzazione della musica. E allo streaming. 

Progresso

Steve Jobs è stato anche fondatore e amministratore delegato di Pixar Animation Studios. Prima dell’acquisto da parte della Walt Disney Company. Intuendo negli anni Ottanta che il settore dell’intrattenimento e dei contenuti sarebbe esploso. Come poi è accaduto. “Il progresso scientifico e tecnologico serve al bene di tutta l’umanità e i suoi benefici non possono andare a vantaggio soltanto di pochi– avverte papa Francesco-. In tal modo, si eviterà che il futuro aggiunga nuove disuguaglianze basate sulla conoscenza. E aumenti il divario tra ricchi e poveri“.

Giacomo Galeazzi

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