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Se i veri interessi dell’Occidente nel centro Africa non sono (solo) umanitari

“Ho accolto con sgomento la notizia del vile attacco che poche ore fa ha colpito un convoglio internazionale nei pressi della città di Goma uccidendo l’Ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista. La Repubblica Italiana è in lutto per questi servitori dello Stato che hanno perso la vita nell’adempimento dei loro doveri professionali in Repubblica Democratica del Congo.”

Con queste parole, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato la tragica notizia di lunedì 22 Febbraio.

Cerchiamo allora di capire come possa essere accaduto un fatto tanto grave, in una situazione legata a una missione umanitaria (l’uccisione è avvenuta infatti mentre con una delegazione del World Food Programme l’ambasciatore si stava recando in visita a un progetto scolastico umanitario).

Ne parliamo con il prof. Armando Sanguini, ambasciatore e consulente senior dell’ISPI.

Come mai nei Paesi del Centro Africa c’è tanta presenza anche militare italiana?

“L’attenzione che il mondo occidentale (ma anche quello asiatico e quello russo) sta dedicando a questo continente è orientata da un lato a cercare di ricercare una situazione di pace e di democrazia facendo ricorso anche lo strumento della interposizione militare finalizzata alla creazione di una sorta di frontiera fra le fazioni in lotta; situazione questa che interessa diversi paesi dell’Africa centrale dove continuano problemi di identità irrisolta e di conflitti di potere. Dall’altro a mantenere in vita se non proprio a sollecitare tali problemi per ragioni di interesse; ragioni di singoli Stati, di multinazionali, di gruppi tribali ed etnici…

Ricordo tra i numerosi Kabila (politico e rivoluzionario, ex presidente della Rdc, n.d.r.), che ho incontrato e che era perfettamente consapevole di poter negoziare con ‘il diavolo e l’acquasanta’, utilizzando le ricchezze immense del suo paese.

Il prof. Armando Sànguini

Aggiungo che in questa instabilità c’è anche una responsabilità della classe dirigente africana ma la scuola che hanno avuto da parte della potenza coloniale di turno – inglese, francese portoghese, belga – non è stata improntata al rispetto de democrazia e della persona. Quando penso a questa grande responsabilità mi chiedo come si possa sostenere il principio dello ‘aiutiamoli a casa loro’…”.

Detto in estrema sintesi, possiamo dire che c’è chi in Occidente beneficia di questa instabilità dei Paesi del centro Africa, fomentandola con la vendita di armi per poi avere vita più facile nell’approfittare delle ingenti ricchezze naturali di queste regioni? 

Chi vende armi ha interesse a vendere armi, non necessariamente a fomentare i conflitti. Ma si sa che la fame vien mangiando. E nel gioco delle parti è impressionante il cinismo di chi vuole arricchirsi, proporzionale all’importanza attribuita alle risorse disponibili, dai minerali rari per i nostri computer ai beni di lusso.

Senza metterla sul piano morale, guardano a un mero discorso degli interessi, la storia ci dice che la condotta di base dei Paesi, delle imprese, dei singoli è diretta a soddisfare i propri interessi, di norma anche ben al di là di ciò che è lecito e giusto”.

Nell’attentato di Goma, oltre all’Ambasciatore e al suo autista, ha perso la vita il carabiniere Vittorio Iacovacci; per una fatalità apparteneva al 13° reggimento “Friuli Venezia Giulia”, lo stesso di alcuni dei militari morti nell’attentato di Nassirya del 2003. Quanto è importante e prezioso il ruolo di queste forze dell’ordine italiane in queste situazioni?

“E’ importante e preziosissimo. E ci siamo giustamente guadagnati una fama invidiabile nel mondo. Ma quanto successo in Congo mi addolora e mi fa rabbia al contempo. Nel mio servizio all’estero ho spesso avuto protezione militare, auto blindate e scorta. Scorta che per definizione è di più uomini, non di un uomo solo. Credo che in questo caso, se le cronache del momento si confermeranno, la  World Food Programme,  Organizzazione Mondiale contro la Fame, abbia una pesante responsabilità: mandare un uomo che rappresenta te oltre al proprio Paese in quelle condizioni, senza una vera scorta, in una situazione così pericolosa mi sembra inaudito. Sapremo presto che cosa ne pensa – e soprattutto quanto gli risulti –  il Ministro degli esteri chiamato a riferire in Parlamento. Non voglio nemmeno pensare che sia stato l’Ambasciatore ad aver scelto questa modalità. Certo, ci doveva pensare chi lo ha mandato nel contesto di una missione multilaterale”.

Prof. Sanguini, in questa situazione come ne escono l’Italia e l’Occidente in generale?

In termini di credibilità ne usciamo male noi e il WHO. Con l’aggravante di un Occidente coloniale che cerca in ogni modo di ignorare le sue responsabilità del passato e le ripercussioni che ne sono derivate anche in termini di rispetto di quelle popolazioni. Mi domando dove vada a finire l’orgoglio di un Occidente che ritiene di essere il (non un) modello di democrazia e di rispetto dei diritti umani. Dopo il crollo dell’Unione sovietica, superata la competizione, ideologica e non solo, avremmo potuto cercare di riparare almeno in parte i danni causati; con una cooperazione allo sviluppo degna di questo nome che peraltro alcuni paesi si sono sforzati di svolgere. Altro che ignorarli o, peggio ancora, mantenere un cordone ombelicale di influenze. Capisco che sia difficile tagliarlo ma almeno dovremmo dare l’impressione di provarci”.

 

 

Mariangela Musolino

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