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Prof. Becchetti: “Come la finanza etica può essere strumento di pace”

Oggi, 22 ottobre, si celebra la Giornata Mondiale della Finanza Etica. Nata nel 1928 con la creazione del Pioneer Fund, il primo fondo di investimento etico che escludeva alcol, tabacco e gioco d’azzardo, la finanza etica era la soluzione per non escludere da Wall Street parte dei fedeli protestanti in un periodo di grande speculazione, seppure alle porte della Grande Depressione. Oggi il Pioneer Fund è il terzo titolo più antico d’America e ha ottenuto una percentuale record nel 2011 firmando un rendimento superiore a 1.000.000 per cento.

Dal 1928 sono stati compiuti passi importanti verso la costituzione di fondi di investimento basati esclusivamente sulla sostenibilità. La finanza etica ha saputo evolversi negli anni e oggi è diventato fondamentale investire su realtà a basso impatto socio-ambientale. Nonché per contribuire alla pace in territori particolarmente poveri, come ad esempio la striscia di Gaza.

Sul rapporto tra finanza etica e pace sociale, Interris.it ha intervistato l’economista Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata e presidente del comitato Etico di Etica Sgr.

L’intervista al prof. Leonardo Becchetti

Cosa si intende per finanza etica?

“Sono strumenti finanziari che hanno come obiettivo non solo quello del rendimento corretto per il rischio, ma anche quello dell’impatto sociale e ambientale. La finanza etica nasce con una serie di strumenti”.

Quali sono gli strumenti della finanza etica?

“Il primo strumento è la banca etica, una banca che nasce più di venti anni fa e che si dà come obiettivo quello di finanziare solo prestiti che abbiano anche un rendimento sociale e ambientale positivo, oltre che economico tout court. Il secondo strumento è la micro finanza che aiuta le persone povere che non hanno garanzie ad ottenere prestiti da restituire in piccole rate Infine, ci sono i fondi di investimento etici che mettono in portafoglio titoli che devono essere al di sopra di un certo standard ambientale e sociale. Pure questo nasce venti due anni fa da Etica Sgr, una rete di banche che sono: Banca Etica, Banche di credito cooperativo, le banche popolari di Milano, Emilia Romagna e di Sondrio. La cosa interessante è che il seme della finanza etica, soprattutto quello dei fondi, ha prodotto tantissimo frutto perché oggi di fatto moltissimi fondi di investimento ‘tradizionali’ hanno l’obiettivo del green e quindi hanno l’obiettivo di lavorare nell’ambito delle aziende che rispettano gli obiettivi della transizione ecologica”.

Quali sono le principali differenze con la finanza tradizionale?

“Il fatto che l’obiettivo che ci si pone non è solo quello di fare un profitto – non importa come – ma di fare un profitto che deve essere collegato necessariamente a un beneficio, a un impatto positivo ambientale e sociale”.

In che modo la finanza etica può essere dunque un motore per lo sviluppo non solo economico ma anche ambientale dell’essere umano?

“Perché, indirizzando le risorse finanziarie su quei progetti che tengono assieme creazione di valore economico, sostenibilità ambientale e sociale, si va nella direzione di quella sostenibilità integrale citata da Papa Francesco nelle sue encicliche. Il fine ultimo è quello di cercare un valore economico senza produrre dei danni che poi dobbiamo curare, danni sociali e ambientali che poi producono anche dei danni economici a distanza. Pensiamo ad esempio a tutti i problemi che sta creando il riscaldamento globale o ai conflitti che scaturiscono dalle diseguaglianze sociali”.

Una finanza etica nel senso di ‘buona’ dunque?

“L’aggettivo ‘buona’ a me non mi piace. preferisco ‘intelligente’. Infatti, purtroppo l’economia tradizionale molte volte è miope: non si preoccupa delle conseguenze a breve e lungo termine delle cose che vengono fatte. Le faccio un esempio: noi da tanti anni avevamo in piedi un progetto di microcredito a Gaza. L’idea di fondo era quella che – per garantire la stabilità e la pace nella regione – fosse importante promuovere la lotta alla povertà e l’uscita dalla povertà delle persone che vivono in quel paese nonostante le difficoltà. La storia sta dimostrando che quando ci sono delle condizioni anche economiche estremamente difficili, il rischio di conflitti sociali è molto più alto. Quindi tenere conto delle conseguenze sociali e ambientali degli investimenti che si fanno non è solo ‘buono’ e intelligente. E’ anche un modo concreto per mantenere o creare la pace”.

Milena Castigli

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