Golpe in Niger: le drammatiche condizioni della popolazione

Guy Roland Bleoue di Intersos spiega ad Interris.it come la popolazione del Niger sta vivendo il recente colpo di stato

Niger
A destra Guy Roland Bleoue. Fonte: Intersos

Il colpo di stato avvenuto in Niger non è piaciuto alla comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) che ha vietato di sorvolare i cieli del Niger e ha imposto delle sanzioni economiche contro i membri della giunta militare. I primi effetti sono stati la mancanza di medicinali, di cibo e di elettricità, beni primari che solitamente arrivano dalla Nigeria.  

L’intervista

Per capire quale sia l’impatto che la nuova situazione politica ha avuto sulla vita quotidiana di un popolo, già annoverato tra i più poveri del mondo, Interris.it ha intervistato Guy Roland Bleoue, capo missione della Ong Intersos nel Paese africano. 

Guy Roland, l’attuale situazione politica come ha peggiorato le condizioni di vita della popolazione?  

“Le sanzioni stanno avendo un impatto sul tenore di vita delle persone sia dal punto di vista finanziario, sia da quello che riguarda gli approvvigionamenti in generale. Attualmente, a causa delle relazioni commerciali interrotte con gli stati limitrofi e in particolare con la Nigeria, che è il primo partner commerciale del Niger e fornitore del 70% dell’energia elettrica, si registra un aumento del prezzo dei prodotti alimentari sul mercato. L’analisi del Programma Alimentare Mondiale mostra che i mercati alimentari del Niger sono già sotto pressione a causa della forte inflazione in Nigeria, dovuta alla sospensione a giugno dei sussidi sul carburante. A ciò si è aggiunto a luglio il divieto dell’India sull’esportazione di riso e la fine dell’iniziativa del grano del Mar Nero. Inoltre, non arrivano più i medicinali e la poca elettricità che si riesce ad avere è spesso data da un generatore. Tutto questo ricade come sempre sui più deboli, come donne, bambini e persone con disabilità che già prima della crisi erano costantemente colpiti da insicurezza alimentare, povertà e malnutrizione”.  

In questi anni a peggiorare la situazione c’è stato anche il cambiamento climatico? 

“Il Niger è stato frequentemente esposto a degli shock climatici che hanno innalzato le temperature nel Sahel di 1,5 volte sopra la media globale. Inoltre, più di 4 milioni di persone sono costrette a fuggire in tutta la regione a causa della siccità, delle inondazioni e della diminuzione delle risorse di materie prime. Le famiglie più colpite rimangono quelle che vivono in aree rurali dove la produzione agricola è pressoché azzerrata”. 

In Niger ci sono molte persone rifugiate e sfollate. Ci sono numeri certi? 

“A livello nazionale ancora oggi non esiste una cifra certa in quanto i rifugiati sono integrati nella popolazione ospitante. Secondo l’UNHCR nel dicembre 2022 il Niger ospitava più di 300.000 rifugiati, principalmente dalla Nigeria, mentre 376.000 persone erano registrate come sfollati interni. A Niamey ci sono 5.012 rifugiati e richiedenti asilo, mentre le persone che vivono nelle aree urbane sono 4.849 e solo in 447 vivono nei campi.” 

La popolazione ha paura di ciò che sta accadendo nel Paese? 

“Le persone si stanno rendendo conto che la situazione non è rosea. Temono per la  propria salute e per il cibo che scarseggia. I padri di famiglia hanno paura per il futuro dei loro figli, che spesso sono malnutriti e non possono essere curati come avrebbero bisogno perché non ci sono i medicinali essenziali. Man mano che questa situazione continua, il terrore si fa sentire e purtroppo non è destinato a terminare a breve”. 

Voi di Intersos riuscite a fare quanto prefissato?  

“Noi abbiamo iniziato la nostra attività in Niger nel 2019 e da allora abbiamo sempre fornito assistenza nei settori della protezione, della migrazione mista, dell’istruzione e della formazione. Collaboriamo attivamente con l’Unhcr e altre organizzazioni umanitarie come l’Unicef per realizzare progetti a sostegno della protezione dei rifugiati, della popolazione ospitante e degli sfollati interni. Purtroppo però, la situazione attuale, con la chiusura delle frontiere con la Nigeria e con il Benin, potrebbe avere in futuro qualche impatto negativo anche sulla continuità delle nostre attività, soprattutto in termini di tempi di realizzazione di alcuni progetti”.