Elezioni europee 2024: parola agli esperti

370 milioni di aventi diritto al voto potranno rinnovare i propri rappresentati all’Europarlamento. Il politologo Lorenzo Castellani e l’analista e corrispondente Mediaset da Bruxelles Leonardo Panetta spiegano a Interris.it le sfide della prossima legislatura europea

Foto di Bruno da Pixabay

Le prime elezioni europee post-Brexit, a 27 Paesi membri, arrivano dopo cinque anni in cui le istituzioni europee e i suoi cittadini hanno scritto pagine di storia. Lo scoppio della pandemia di Coronavirus che ha investito la sanità, l’economia e la società anche e soprattutto nel Vecchio Continente, e l’invasione russa dell’Ucraina, causa di una guerra in corso da due anni e oltre cento giorni, con il sostegno all’aggredito e la crisi energetica, hanno richiesto all’Unione europea di essere veramente unita e unica nel rispondere. E così è stato fatto, se si pensa alla strategia europea sui vaccini contro il Covid e alla nascita del fondo da 750 miliardi per la ripresa economica dell’Ue, da cui arrivano i duecento miliardi circa del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano. Gli elettori dei Paesi Bassi sono i primi dei 370 milioni circa di aventi diritto al voto a recarsi ai seggi, dal mattino di giovedì 6 giugno. A seguire, venerdì 7 sarà la volta di Irlanda e Repubblica Ceca, Stato membro dove si voterà anche sabato 8, quando sarà il turno degli elettori di Malta, Lettonia, Slovacchia e Italia (anche da noi si vota su due giorni). Fino all’election day vero e proprio, domenica 9 giugno. Quale Unione europea uscirà dalle urne e quali saranno i principali dossier sul tavolo, pensando a transizione ecologica, economia, difesa, immigrazione? Interris.it ha interpellato due esperti, Leonardo Panetta, giornalista, commentatore e corrispondente per Mediaset da Bruxelles, e Lorenzo Castellani, politologo e docente di storia delle istituzioni politiche all’università capitolina Luiss.

Bilancio di legislatura

In un quinquennio, l’Ue ha fronteggiato sfide inedite negli ultimi settant’anni, dalla pandemia alla guerra in Ucraina in seguito all’invasione russa. “E’ stata messa alla prova e ha saputo trovare le risposte per affrontare crisi a cui non era attrezzata. In alcuni casi più nervosamente, come per l’acquisto dei vaccini, in altri, come la guerra, in maniera più compatta”, afferma Panetta. “La legislatura che volge al termine è stata importante perché ha dato una nuova definizione all’Unione europea, cambiando il paradigma economico, ed è stata molto apprezzata dai cittadini”, evidenzia Castellani.

Integrazione à la carte

Da tempo, soprattutto in di avvicinamento alla tornata elettorale, gli schieramenti politici si dividono tra chi vuole una maggiore cessione di sovranità all’Ue e chi invece la vuole mantenere nei confini nazionali. Che Ue uscirà dalle urne? Secondo Panetta “sarà un’Europa à la carte, ma ritengo difficile che gli Stati membri cedano la loro leadership. Basti vedere come, nonostante i tanti proclami, non si è superato il discorso dell’unanimità”. “Non si percorrerà la strada della federalizzazione né ci saranno riforme dei trattati, ma si andrà verso una maggiore integrazione europea in settori come la difesa e le politiche industriali”, annota il politologo. Dal punto di vista politico, secondo Castellani una riedizione della “maggioranza Ursula” – la coalizione di Partito popolare, Partito socialista e liberali che ha sostenuto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen – è uno degli scenari più probabili, “magari con un appoggio ‘a singhiozzo’ dei conservatori”. Il corrispondente si chiede se le figure della scorsa legislatura possano essere interpreti anche della nuova – “si è chiusa una parabola”- e vede un Europarlamento dove le votazioni si faranno più laboriose, visto il probabile aumento dei seggi dei conservatori e contemporaneo calo dei Verdi, con i primi disposti a “fare da stampella che vorrà anche far pesare il suo sostegno”.

I temi principali

L’Ue si trova di fronte alla necessità di non essere più un ‘gigante erbivoro’”, prosegue Panetta, riferendosi alla mancanza di una politica estera e di un esercito europei. Difesa comune e spesa militare sono temi tornati alla ribalta dal 24 febbraio 2022. Sia lui che Castellani si domandano se proverà a coordinare la spesa in difesa e sicurezza dei 27 Stati membri e se mirerà a “dotarsi di una propria struttura militare”, aggiunge il giornalista. Entrambi si soffermano poi sulle politiche industriali per fronteggiare la concorrenza di Stati Uniti e Cina, vedasi alla voce auto elettrica. “Si è spinto sulla produzione di queste vetture senza aver tenuto conto di una serie di elementi e ora si corre il rischio di diventare dipendenti dalla Repubblica popolare, che tra l’altro punta a immettere nel mercato europeo le sue vetture”, puntualizza Panetta. Capitolo immigrazione, “non più tema di destra”, secondo il giornalista, il quale ricorda che “quindici Paesi Ue hanno sottoscritto una lettera alla commissaria per affari interni Ylva Johansson in cui si chiedeva di andare verso l’esternalizzazione del trattamento delle richieste di asilo” in Paesi terzi. Il politologo va al passo successivo dell’accoglienza, la redistribuzione dei migranti: “Si dovranno trovare accordi con Stati membri che hanno diverse sensibilità e posizioni geografiche differenti”.

Solidarietà o rigore

Nella sua storia recente, l’Unione europea ha conosciuto due stagioni molto differenti tra loro. Alla crisi della zona euro seguì la stagione dell’austerity, del rigore dei conti e del vincolo del pareggio di bilancio. Con lo scoppio della pandemia, è stato il momento della solidarietà con l’acquisto dei vaccini e il varo del Next Generation Eu, il piano per la ripresa economica da 750 miliardi di euro. Adesso che la pandemia è superata e sono state approvate le nuove regole del Patto di stabilità e crescita sul rispetto dei parametri di bilancio, temporaneamente sospeso, tornerà il “rigore” o resterà la flessibilità? Secondo Castellani “né l’uno né l’altra, si potrà avere una via di mezzo tra l’austerity e il ‘liberi tutti’ di questi ultimi anni, oltre a una ricomposizione delle voci di bilancio, tenendo le spese per politiche industriali e difesa fuori dai bilanci”. Per Panetta “da una parte si proclamerà il rigore e dall’altra si cercherà di salvare la flessibilità”, perché la tendenza attuale è quella di “crescere se si spende”.

Partecipazione

Se il partito dell’astensione è sempre più visibile agli appuntamenti elettorali occidentali, la partecipazione alle europee non è stata sempre molto sentita. Negli ultimi trent’anni l’affluenza ha tocca il 50% nel 2019, per la prima volta dal 1994. “Gli ultimi dati Eurobarometro indicano che anche oggi abbiamo uno scenario favorevole per la partecipazione“, ha detto di recente il portavoce del Parlamento europeo Jaume Duch. C’è da essere ottimisti? “Mi aspetto un’affluenza non superiore al 55%”, risponde il politologo, “le elezioni europee non sono sentite come quelle nazionali e le decisioni in Europa si raggiungono principalmente tra governi”. “L’ultima volta in Italia si era arrivati al 54%, il fatto che si parli di più di Europa insieme alla concomitanza con le amministrative in alcuni Comuni potrebbero dare una spinta all’affluenza”, dichiara il giornalista. “In generale c’è una scarsa partecipazione alla vita politica, che si anima perlopiù sui social che nella cabina elettorale. Se in Italia l’affluenza rimane nella media europea si potrà dire che è andata bene”, conclude Panetta.