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Don Di Noto (Meter): “La violenza sui minori è un omicidio psicologico”

Gli episodi criminali che hanno riempito i giornali in queste ultime settimane portano alla ribalta il tema della violenza. Purtroppo non si tratta di eventi sporadici, ma di una piaga ben radicata nella società in cui viviamo e spaventa il fatto che tra le vittime si conta un numero sempre crescente di bambini. Nonostante ciò, la violenza sui minori è difficilmente rilevabile, sia per meccanismi culturali di minimizzazione e di negazione del fenomeno, sia perché si verifica prevalentemente all’interno della famiglia, col forte rischio di restare inespressa ed invisibile, ampliando e cronicizzando i danni sul piano fisico e psicologico delle vittime.

Il “Rapporto sui minorenni vittime di abuso” della Polizia di Stato, riferito ai dati del biennio 2020-2021 e del semestre 1 gennaio – 30 giugno 2022 e confrontato con l’analogo periodo del 2021, rileva che tra i reati che subiscono un aumento rispetto al periodo precedente si annovera l’abuso dei mezzi di correzione, la violenza sessuale e la violenza sessuale aggravata perché commessa presso gli istituti di istruzione. Le vittime generalmente sono di genere femminile e la fascia anagrafica con il più alto numero di vittime è quella al di sotto dei quattordici anni.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, associazione impegnata in prima linea nella lotta al crimine della violenza, della pedofilia e della pedopornografia.

Don Fortunato, gli ultimi fatti di cronaca l’hanno sorpresa?

“No, perché sta accadendo ciò che da troppo tempo succede ogni giorno. Sono invece deluso per come questo delicato argomento viene trattato, non tutelando la vita di questi minori. Purtroppo troppo spesso siamo mossi dall’onda emotiva di cronaca e ci si limita a raccontare e a drammatizzare quello che è accaduto, senza mettere in azione una rete di tutela che salvaguardi il rispetto delle vittime. Ad oggi abbiamo leggi e tanti buoni propositi, ma ancora mancano le braccia per garantire tutto questo”.

Da dove nascono questi atti di violenza?

“La causa è riconducibile a un vuoto profondo nel cuore dell’umanità che scaturisce da una povertà interpersonale, educativa e del pensiero filosofico. La vita non è più concepita come un bene inestimabile e tutto è mercificato. Stiamo vivendo in una società che non contrasta dei fenomeni brutali come l’erotizzazione e l’ipersessualizzazione che di buono non portano nulla. Questi temi toccano in profondità l’uomo ed è necessario fare un cambio antropologico e culturale per il bene dell’umanità in cui viviamo”.

Chi è responsabile di questo cambiamento?

“Tutti noi abbiamo l’obbligo morale di intervenire. La violenza avviene all’interno delle comunità nelle quali viviamo e all’interno delle famiglie che la popolano e per questo ad oggi non esiste alcun luogo che possa definirsi a rischio zero. Questo primo passo è essenziale per spingere la comunità di adulti, che hanno la responsabilità e l’incarico di proteggere i più piccoli e indifesi, a mettere in atto dei sistemi di prevenzione e di tutela”.

Voi di Meter che fate per cercare di arginare questo problema?

“Da molti anni abbiamo dei progetti che ci portano ad incontrare gli educatori, le famiglie e le organizzazioni. A noi non interessa in quanti ci ascoltano perché fosse anche solo una persona a noi basta. Nei nostri incontri cerchiamo di far capire che, come ha detto Gesù, noi siamo tutti fratelli e ognuno di noi ha il dovere morale di dare il proprio contributo per garantire a tutti una vita senza violenza e una società basata sui principi dell’amore e del rispetto reciproco.”

Per un bambino che cos’è la violenza?

“Semplicemente un’omicidio psicologico che se non viene curato per tempo e in modo idoneo lascerà delle ferite sanguinanti per tutta la vita. Purtroppo capita spesso che queste violenze avvengano tra le mura domestiche e che molti bambini per paura o per vergogna non denuncino, tenendosi il fardello sulle spalle per sempre. Noi non possiamo permettere che ciò accada e per questo motivo dobbiamo sensibilizzare anche gli educatori ad intervenire ogni qualvolta ci si accorge che qualcosa in famiglia non va come dovrebbe”.

Elena Padovan

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