Croce Rossa, Valastro: “Dove l’uomo viene trattato con dignità, le comunità diventano più forti”

Oggi nel mondo si festeggia la giornata mondiale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. L'intervista di Interris.it a Rosario Valastro, Presidente della Cri

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Presidente CRI Rosario Valatro - Foto Ufficio Stampa CRI

Ogni 8 maggio, in occasione dell’anniversario della nascita del fondatore Henry Dunant, si festeggia la giornata mondiale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Si tratta di una ricorrenza importante da celebrare perché il volontariato è una delle pagine più belle dell’umanità. Ce ne siamo accorti durante la pandemia, quando sono state molte le associazioni che si sono rimboccate le maniche per dare il proprio contributo. Interris.it ha intervistato Rosario Valastro, Presidente della Croce Rossa Italiana che ha spiegato quali sono i valori che contraddistinguono l’associazione a cui lui è a capo e che ad oggi in Italia vanta oltre 150mila volontari.

L’intervista 

Presidente, a cosa porta avere una una società basata sul valore del rispetto per l’essere umano?

“Partiamo dal presupposto che la nostra associazione mette al centro l’uomo e si basa su sette principi che sostengono una serie di valori. Tra questi c’è la cura dell’uomo e delle sue sofferenze senza fare alcuna distinzione di sesso, di razza e di religione. Si tratta di valori che contribuiscono a ridare all’uomo il rispetto che si merita, ma l’effetto non è a senso unico. La società stessa ne guadagna perché dove l’uomo viene trattato con dignità in quanto persona, le stesse comunità diventano più forti, ovvero in grado di resistere alle emergenze o a disastri di qualsiasi genere”. 

La Croce Rossa può contare su volontari di età diverse. Ci sono delle generazioni più  aperte a questi valori?

“Certamente la fascia giovanile è quella più disposta a sposare degli ideali e a mettersi al servizio della propria comunità con azioni concrete. I numeri ci dicono che sono molti i giovani che decidono di far parte della Croce Rossa. Di 155 mila volontari, un quarto sono under 30, mentre nel 2022 siamo stati l’associazione italiana che ha reculato il numero maggiore di volontari dai 17 ai 24 anni. Mi sento però di spezzare una lancia a favore dei più anziani perché anche nel passato più recente hanno dimostrato di avere la capacità di sapersi adattare ai tempi in continuo cambiamento”. 

In questi ultimi anni abbiamo vissuto delle situazioni molto difficili. Nel 2023, cosa vuol dire abbracciare la Croce Rossa?

“Significa trasformare i problemi in grandi opportunità. Un esempio lampante è la pandemia che senza dubbio è stata una tragedia dolorosissima, ma dalla crisi pandemica abbiamo tratto delle lezioni che noi come Croce Rossa abbiamo cercato di divulgare. Tra gli insegnamenti ci sono delle nozioni igieniche personali, come il lavaggio delle mani, che prima conoscevamo, ma a cui non davamo l’importanza che meritava. Oppure siamo arrivati a capire per fare formazione o partecipare a un meeting possiamo servirci di mezzi informatici. Per quanto invece riguarda il problema dei flussi migratori, la lezione è stata la capacità di introdurre i migranti a dei lavori socialmente utili a favore della comunità che li ha accolti”.

Chi dona, riceve. Voi come volontari cosa sentite di ricevere ogni volta che mettete la vostra vita a servizio dell’altro?

“Sembrerò banale, ma il ritorno è qualcosa di enorme e difficile da descrivere. La nostra anima si alimenta del sorriso delle persone che aiutiamo e per questo lo sguardo pieno di gratitudine ti fa capire che il tempo che tu volontario hai donato alla Croce Rossa è qualcosa di prezioso e di impagabile. Sapere di aver regalato il proprio tempo e le proprie forze a una persona riempie il cuore di gioia perché è in quel momento che si comprende che ogni essere umano ha diritto di essere tutelato e rispettato in ogni fase della sua vita”.