Covid al Sud, il rischio di una bomba sociale

Il coronavirus ha colpito con particolare virulenza e velocità di contagio le regioni del Nord Italia e soprattutto la Lombardia, dove si contano oltre la metà delle vittime registrate in tutto il territorio nazionale. Inquinamento, qualità dell’aria, altissima densità di popolazione, continui spostamenti di persone tra una provincia e altra a causa dei frenetici e ricchi commerci che fanno del Nord il motore economico del Paese; tutte queste ragioni sono state indagate e portate come spiegazione dei drammatici numeri inerenti i contagi, i ricoverati in terapia intensiva e le vittime nelle regioni della Valle Padana.

La categoria che sfugge al welfare

Il Sud finora è stato risparmiato da questa drammatica ondata di morte, alcuni esperti ritengono che per una serie di circostanze fortunate – legate al clima e alla quarantena preventiva – questa condizione potrebbe perdurare. Ci sono però anche giudizi di segno opposto e alcuni indizi del termometro sociale che destano molta preoccupazione. Salgono alle cronache infatti episodi di assalti ai supermercati, le prime proteste sotto gli uffici comunali di singoli cittadini a cui è saltata ogni forma di reddito e forme di speculazione già attivate da parte delle mafie del territorio. A tutto questo si aggiunge il cronico problema del lavoro nero, pratica che nel meridione è ancora molto diffusa tra coloro che vivono di espedienti, di lavori stagionali e del piccolo commercio ambulante. Questa categoria di persone sfugge completamente alle misure di welfare, come la cassa integrazione speciale, adottate nei momenti di crisi anche per le piccole aziende. Da giorni circola infatti l’indiscrezione di un report dei servizi segreti che sarebbe arrivato sul tavolo di Palazzo Chigi per allertare su possibili rivolte e disordini in particolare al Sud.

Rischio bomba sociale

Nel Mezzogiorno d’Italia si rischia quindi di attivare una bomba sociale senza precedenti. Per disinnescare questa ordigno, il premier Giuseppe Conte, insieme al presidente dell’Anci, Antonio Decaro, sindaco di Bari, in conferenza stampa, ha annunciato un fondo di 400 milioni destinato agli 8 mila comuni della nazione, con il vincolo di usare quelle risorse per le persone che non hanno i soldi per fare la spesa, e un anticipo ai Comuni di 4,3 miliardi di valore sul fondo di solidarietà. A questi fondi si aggiungo altre risorse messe dagli enti locali. Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha stanziato 100 milioni per consentire alle famiglie disagiate di accedere all’assistenza alimentare.

Garantire il pane a tavola è un primo passo fondamentale ma le incognite restano troppe, ad esempio il decreto Cura Italia non ha previsto alcun intervento sul tema degli affitti. Al momento le famiglie non proprietarie di un alloggio dovranno continuare a pagare la locazione anche se perderanno ogni forma di introito.

Attenzione massima

Il Mattino, sabato scorso, parlava di Napoli come di una polveriera pronta ad esplodere, con la prefettura e Forze dell’ordine che hanno elevato il livello di attenzione su tutti i fenomeni correlabili a situazioni di panico generale e ruberie. “Polizia, carabinieri, finanzieri e agenti della Municipale sorvegliano – si legge sul primo quotidiano di Napoli – questo andirivieni sul filo casa-supermercati-negozi-tabaccherie-casa”.  Sempre a Napoli sono spuntati falsi manifesti che invitano ad aprire le porte delle case a “controlli” mai disposti dal Viminale. “Una diavoleria ideata per avere accesso nelle case proprie e altrui certamente legato alle attività criminali e alle truffe che trovano nel difficile momento terreno fertile”.

Il quadro meridionale

A Palermo le Forze dell’ordine sono state messe a presidio di tutti i principali supermercati, dopo il tentato assalto di un gruppo di cittadini ad un Lidl. Il sindaco Orlando si è scagliato contro “i gruppi organizzati, gruppi di sciacalli e professionisti del disagio, che promuovono azioni violente e che nei social network trovano una facile vetrina”. Un altro fronte caldissimo è quello dei lavoratori stagionali immigrati del settore ortofrutticolo. La ministra dell’Agricoltura Bellanova ha chiesto di regolarizzare le tante situazioni di illegalità per non far saltare i raccolti: “Le baracche-ghetto dei braccianti vanno sanate e i lavoratori immigrati regolarizzati. Ci vuole un provvedimento urgente, oltretutto con la mancanza di stagionali stranieri rischiano i raccolti”. A tutto questo si aggiunge l’ombra della pandemia che potrebbe affacciarsi con più violenza in tutto il Meridione. Il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco, in un’intervista al Messaggero ha detto: “La nuova frontiera dell’epidemia è il Sud Italia, bisogna attrezzarsi subito”. Per ora – spiega – ci sono focolai più ristretti, ma bisogna prepararsi per tempo al peggio e al rischio di un’ondata”.

Il meridione si trova quindi ad un bivio, perché potrebbe ripartire prima e più velocemente del nord innescando una serie di meccanismi virtuosi di crescita, prima però bisogna mettere fuori gioco la criminalità organizzata e assicurarsi un nuovo piano Marshall che garantisca liquidità per piani di sviluppo e riconversione dell’economia. La porta sul Mediterraneo non può più aspettare.

Attrezzarsi per tempo

Al momento dunque, spiega Pregliasco, i focolai al sud appaiono più ristretti e la speranza è di riuscire a migliorare il controllo per impedire che tali centri di contagio possano espandersi ulteriormente. Insomma, afferma, che bisogna organizzarsi per tempo per riuscire a gestire, se si dovesse verificare, lo scenario peggiore. Ma continuano a esserci dalle regioni meridionali segnalazioni della necessità di implementare le dotazioni di dispositivi di protezioni individuale spesso insufficiente. Fondamentale, secondo Pregliasco, è quindi attrezzarsi per tempo perché anche al nord l’epidemia è partita in modo subdolo e ha rallentato per poi avere uno sviluppo verticale repentino. Il rischio è che possa succedere anche al sud. Poi si sofferma sulla quarantena. Secondo il virologo, le attuali misure di rigore e isolamento saranno necessarie ancora per settimane, ma quando si avrà la riapertura del Paese, sarebbe opportuno effettuarla gradualmente per quanto riguarda le aziende, sulla base dell’utilità sociale delle produzioni.

Continuare col blocco

Spiega: “Opportuno sarebbe anche prevedere una tempistica differenziata per il ritorno alla vita sociale e l’uscita da casa, con le fasce anziane e fragili che andrebbero protette in modo particolare”. Dalla Lombardia arrivano i primi segnali positivi, ma occorrono almeno altri 15 giorni di blocco. Poi, verso metà aprile, si potrà pensare a una riapertura progressiva e mirata, tutelando soprattutto gli anziani e i più fragili. Ma non è tutto. Secondo Pregliasco anche dopo metà aprile gli anziani dovranno stare ancora a casa. E i pronto soccorso dovranno essere dotati, oltre ai cerotti, di stock di mascherine, in attesa di una seconda ondata. Alla domanda, ci sarà una seconda ondata di Covid-19? Il professore risponde. “Non si può escludere: con queste misure di mitigazione abbiamo tolto la punta alla curva, ma il virus non sparirà all’improvviso. Dobbiamo sottolineare che l’incremento percentuale in Lombardia sembra essersi stabilizzato. Certo la situazione di Milano un po’ preoccupa e per questo è importante non mollare. Mentre a Roma, dove considerate le dimensioni della città la situazione è delicata, il blocco sembra stia funzionando.