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“Attenzione a non abbassare la guardia. Impossibile dire quando finirà l’emergenza”

Nel suo ufficio i telefoni non smettono un attimo di suonare. Domenica in trincea per il professor Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità e autore di altre 400 pubblicazioni scientifiche, ha svolto indagini epidemiologiche per conto dell’Oms e dell’Ue, gestendo  programmi di ricerca a livello nazionale e comunitario. Dati alla mano, spiega a Interris.it perché non sia tecnicamente possibile prevedere con attendibilità la luce fuori dal tunnel. “Sono troppe le variabili delle quali bisogna tenere conto e non si conoscono i possibili sviluppi della pandemia”, evidenzia l’epidemiologo.

In ambienti domestici idonei

Con i reparti di rianimazione arrivati quasi a saturazione a nord, il professor Rezza richiama l’importanza dell’isolamento domiciliare dei pazienti risultati positivi al tampone. “L’importante è che, sotto la supervisione del personale sanitario delle asl, le persone contagiate siano isolate in ambienti domestici idonei e che possano per esempio disporre di bagno utilizzato esclusivamente da loro per impedire il contagio del resto della famiglia”, sottolinea. Invece di essere ricoverati in ospedali questi malati “possono essere gestiti lasciandoli nelle loro abitazioni”,  senza doverli perciò spostare nei reparti “fino a quando riescono a respirare normalmente, cioè finché non sopraggiunga un’insufficienza respiratoria”.

Previsione impossibile

Per stabilire “a che punto è la notte” e quanto durerà l’emergenza sanitari, occorre attendere. “Non si conosce la diffusione del Covid-19 quindi non si può prevedere scientificamente quando arriverà il picco dei contagi”, precisa il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Ciò che si sa per certo e che sa per cento è che “non possiamo considerare fuori pericolo i comuni dell’Italia settentrionale che sono stati isolati per prime”. A Codogno, per esempio, “i numeri dei casi registrati non sono sufficienti per escludere che il picco dei contagi possa ripresentarsi”. Guai, perciò, ad abbassare la guardia anche nelle inziali zone rosse, avverte Rezza.

No alla strategia dell’immunità di gregge

Quel che è certo, secondo l’epidemiologo, è che l’Italia ha opportunamente deciso di non seguire la strategia anti-coronavirus del Regno Unito. Il premier britannico, Boris Johnson, infatti, sta suscitando le critiche della comunità scientifica internazionale perché rifiuta di adottare provvedimenti contro la diffusione del Covid-19, contando sullo sviluppo dell’immunità di gregge per evitare il contagio. “E’ un’evidente assurdità e un rischio immane per la popolazione – avverte il professor Rezza -. Per raggiungere l’immunità di gregge si deve raggiungere un numero inaccettabilmente elevato di persone malate. Non è una strategia accettabile perché ha costi insostenibili in termini di vite umane”. Inoltre, aggiunge, si può parlare di immunità di gregge quando si registrano un’alta percentuale di individui immunizzati o vaccinati, ma contro la pandemia di coronavirus “l’umanità non dispone ancora di un vaccino” e quando verrà scoperto serviranno tempi tecnici per sperimentarne l’efficacia e il grado di sicurezza. Solo a quel punto, dopo aver avuto le evidenze scientifiche, la massa delle persone vaccinate potrà diventare un argine alla diffusione del contagio”.

Due settimane

La chiusura delle attività e il distanziamento delle persone, quindi, sono misure indispensabili per impedire il dilagare dell’epidemia su tutto il territorio nazionale, ribadisce Rezza. Chi viene infettato dal coronavirus, secondo quanto riscontrato finora, è contagioso dal giorno prima della comparsa dei sintomi e lo resta per tutto il periodo sintomatico. Il periodo di isolamento di 14 giorni, secondo l’epidemiologo, è “congruo”, anche se ci sono persone che possono trasmettere il Covid-19 più a lungo. I soggetti positivi al tampone ma asintomatici (circa uno su quattro) hanno una capacità di trasmissione inferiore perché privi di sintomi quali la tosse attraverso i quali il coronavirus si diffonde. Più tamponi si fanno più si abbassa la percentuale di casi gravi e letali, quindi, secondo Rezza, il contenimento preventivo deve continuare anche nelle ex zone rosse del nord perché il decremento può non essere definitivo. E l’Italia è “un Paese con molte persone anziane”.

Sergio Galeazzi

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