Chiesa Cattolica

Il Papa abbraccia L’Aquila: “Il dolore si supera come popolo di Dio”

È una Piazza Duomo gremita quella che accoglie Papa Francesco, giunto nel cuore de L’Aquila, ancora ferito nonostante gli oltre dieci anni trascorsi dalla notte del sisma. Un abbraccio ideale quello tra il Santo Padre e il capoluogo abruzzese, “resiliente” e “con sguardo lungimirante”, doti fondamentali per il percorso di rinascita e ricostruzione. Francesco è il primo Papa ad aprire la Porta Santa nel giorno della Perdonanza Celestiniana, istituita da Celestino V nel 1294 e celebrata nelle giornate del 28 e 29 agosto a L’Aquila. L’occasione per un un momento di incontro, “in particolare con i parenti delle vittime del terremoto”, alle quali il Pontefice esprime “vicinanza, alle loro famiglie e all’intera vostra comunità, che con grande dignità ha affrontato le conseguenze di quel tragico evento”.

L’abbraccio a L’Aquila

Un popolo, quello del capoluogo abruzzese, che nonostante il grande dolore provato ha saputo mantenere una profonda “testimonianza di fede”. Dimostrata nel momento più difficile: “Pur nel dolore e nello smarrimento, che appartengono alla nostra fede di pellegrini, avete fissato lo sguardo in Cristo, crocifisso e risorto, che con il suo amore ha riscattato dal non-senso il dolore e la morte”. Gesù, ha ricordato il Papa, “vi ha rimessi tra le braccia del Padre, che non lascia cadere invano nemmeno una lacrima, nemmeno una! Ma tutte le raccoglie nel suo cuore misericordioso. Nel cuore di Dio sono scritti i nomi dei vostri cari, che sono passati dal tempo all’eternità”. E, assicura, “la comunione con loro è più viva che mai. La morte non può spezzare l’amore”.

Vicinanza e affetto

Accanto all’impegno della popolazione, non può mancare il sostegno di tutti gli altri. Perché, ricorda Papa Francesco, “il dolore c’è e le belle parole aiutano, ma il dolore rimane. E con parole, non va via il dolore, soltanto la vicinanza, l’amicizia, l’affetto… O siamo un popolo di Dio o non si risolvono i problemi dolorosi come questi”.

Damiano Mattana

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