“Nell'unità l'arma per combattere la 'deforestazione' della speranza”

L'unità “è l’unica arma che abbiamo contro la 'deforestazione' della speranza. Ecco perché chiediamo: 'Signore, rendici artigiani di unità'”. E' il monito che lancia Papa Francesco dal palco allestito presso l'aeroporto “La Araucanía” di Temuco dove presiede la Santa Messa per il “Progresso dei Popoli”. In questa terra, tra le più povere del Cile, vive il 35 per cento della popolazione indigena dei Mapuche, oltre un milione e trecento mila persone. Saluta i nativi nella loro lingua: “Mari, Mari (buongiorno). Küme tünngün ta niemün (la pace sia con voi). Ricorda la travagliata storia del Cile e l'oppressione delle popolazioni autoctone, torturate e private di ogni forma di dignità. Una pagina buia del Paese latino consumata proprio nel luogo in cui ora il Pontefice celebra l'Eucarestia.

“Violati i diritti degli indigeni”

“Questa terra, se la guardiamo con gli occhi dei turisti, ci lascerà estasiati, però dopo continueremo la nostra strada come prima; se invece ci avviciniamo al suolo lo sentiremo cantare: 'Arauco ha un dolore che non posso tacere, sono ingiustizie di secoli che tutti vedono commettere'“, dice Bergoglio, citando una canzone della cantante Violeta Parra. “In questo contesto di ringraziamento per questa terra e per la sua gente, ma anche di sofferenza e di dolore, celebriamo l'Eucaristia – prosegue -. E lo facciamo in questo aerodromo di Maquehue, nel quale si sono verificate gravi violazioni di diritti umani“. “Offriamo questa celebrazione per tutti coloro che hanno sofferto e sono morti e per quelli che, ogni giorno, portano sulle spalle il peso di tante ingiustizie – aggiunge il Pontefice -. Il sacrificio di Gesù sulla croce è carico di tutto il peccato e il dolore dei nostri popoli, un dolore da riscattare“.

Appello all'unità

L'omelia del Pontefice ruota attorno al concetto di “unità”, a partire dal brano evangelico proclamato nel corso della celebrazione. Invita i cileni e gli stessi mapuche a rinunciare alla violenza per intraprendere un dialogo pacifico affinchè la nazione torni all'unità, che per Bergoglio, “non è un simulacro né di integrazione forzata né di emarginazione armonizzatrice”; “non è e non sarà un’uniformità asfissiante che nasce normalmente dal predominio e dalla forza del più forte – aggiunge -, e nemmeno una separazione che non riconosca la bontà degli altri”. Al contrario, come insegna Gesù, essa è “una diversità riconciliata perché non tollera che in suo nome si legittimino le ingiustizie personali o comunitarie”. Mette poi in guardia da due forme di violenza “che più che far avanzare i processi di unità e riconciliazione finiscono per minacciarli”: i bei discorsi, “che non diventando concreti” e finiscono per “cancellare con il gomito quello che si è scritto con la mano”; la distruzione che chiede “il prezzo di vite umane”. E conclude: “La violenza finisce per rendere falsa la causa più giusta”. Infine, l'appello a intraprendere “la via della nonviolenza attiva 'come stile di una politica di pace' Cerchiamo, e non stanchiamoci di cercare il dialogo per l’unità. Per questo diciamo con forza: Signore, rendici artigiani della tua unità“.

#show_fotogallery#

“Vogliamo il rispetto dei diritti del nostro popolo”

“Chiediamo il rispetto dei diritti ancestrali del nostro popolo e la libertà di portare avanti la nostra spiritualità, di parlare con Dio. Ma la politica, lo Stato del Cile, è contro di noi. Noi vogliamo solo la pace e la giustizia”. E' quanto afferma Rosa Namuncurá, leader mapuche dell’associazione “Lonco calfucura”. “La visita del Papa è importante perché può aiutarci a portare la pace – fa notare Namuncurá intervistata dal Sir -. I mapuche in genere sono contenti della visita, perché siamo un popolo di pace. Siamo persone tranquille, amiamo la natura. Non siamo tutti uguali ma è certo che siamo contenti di accogliere un Papa che cerca di promuovere la pace nel mondo”. Nelle zone del sud del Cile, dove vive la maggioranza del suo popolo in condizioni di povertà, la gente soffre “molto di più per lo sfruttamento della terra, la sottrazione dei luoghi di culto… Mi chiedo perché? Crediamo in un Dio onnipotente che chiamiamo con un nome diverso ma è lo stesso che ha creato la terra, l’universo. Molti non capiscono perché facciamo riti e cerimonie diverse – aggiunge -. Se il territorio è stato sfruttato o usurpato ci sono conseguenze sulla spiritualità dell’intero popolo mapuche, che si sente colpito”. Fa poi notare che esiste “una legge antiterrorista molto dura, i nostri fratelli vengono arrestati e restano in carcere mesi e anni”, sono “situazioni molto dolorose per noi”. E conclude: “Il Papa sta facendo qualcosa di buono perché viene a parlare di pace. Ma come noi rispettiamo una Chiesa cattolica, anche i mapuche hanno diritto di vedere rispettati i loro luoghi sacri. Chiediamo solo il rispetto dei diritti ancestrali del popolo”.

Al termine della celebrazione, il Papa Francesco si reca a pranzo con alcuni rappresentanti delle popolazioni indigene del Cile. Nel pomeriggio, l'incontro con i giovani al Santuario Nazionale di Maipú.