Da oltre quattro anni in Mozambico la provincia di Cabo Delgado è teatro di attacchi da parte di ribelli armati. Alcuni dei quali associati al sedicente “Stato Islamico”. Secondo le autorità locali e le organizzazioni internazionali, il conflitto ha causato più di 3100 morti. E oltre 800 mila sfollati. Nel nord del Mozambico la Chiesa è in prima linea nella pacificazione. I leader religiosi della provincia di Cabo Delgado hanno firmato una dichiarazione congiunta. Per denunciare la crisi economica e sociale causata dalla violenza terroristica nella regione. In particolare a Pemba. “La nostra provincia attraversa una profonda crisi umanitaria. La causa è le violenza terroristica. Intanto si assiste alla regressione degli indicatori di sviluppo integrale. Aggravata anche dalle conseguenze delle misure restrittive di prevenzione contro la pandemia”.
Il documento dei leader religiosi rileva che gli atti terroristici non devono essere attribuiti alla religione musulmana. Rifiutando ” qualsiasi affermazione che colleghi tali atti ai principi dell’Islam“. Si legge nel testo pubblicato dall’agenzia missionaria vaticana Fides: “Ripudiamo e ci allontaniamo da atti e da persone che distorcono le dottrine religiose. Per giustificare qualsiasi tipo di violenza”. Le comunità religiose si dicono disposte a “collaborare con il governo. Con le istituzioni. E con le organizzazioni impegnate a riportare la pace nella provincia di Cabo Delgado”. Di qui la “forte unità di fronte a qualsiasi minaccia di rottura”. E “il nostro unanime ripudio di atti terroristici ed estremisti. Nonché il nostro impegno a camminare fianco a fianco verso la pace e la fratellanza”, dicono solennemente i leader cristiani e musulmani.
Tra i fattori preoccupanti per la popolazione, segnalati nel testo, vi sono “le disuguaglianze sociali. L’alto livello di analfabetismo. La crisi dei valori etico-morali. E le polarizzazioni etniche e religiose”. In tale quadro si ribadisce una visione della religione che si distacchi dalla violenza e dal pregiudizio. Difendendo il dialogo sociale “in modo franco. Aperto. Onesto. E inclusivo”. La dichiarazione chiede anche la diffusione di messaggi che “scoraggino l’adesione all’estremismo. E a qualsiasi tipo di violenza“. Sottolineando la necessità di accompagnare i giovani in un cammino di “riconciliazione. E di reinserimento sociale”.
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