Rispetto per il Creato, responsabilità di tutti, per una cultura che lasci in eredità un pianeta vivibile ai nostri figli e nipoti. L’Università Cattolica di Quito è stata il palcoscenico ideale per Papa Francesco per ribadire i passaggi chiave dell’enciclica “Laudato si” e invitare a “pensare, con urgenza” a una risposta “alla globalizzazione del paradigma tecnocratico che tende a ritenere che ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso”, come se il “bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e della economia”. Papa Francesco ha anche raccontato, con tono addolorato e costernato, di quando è morto un povero di freddo, “nei pressi del Vaticano, e non c’è stata nessuna notizia né nei quotidiani né nelle cronache, mentre – ha detto – quando la borsa della principale capitale del mondo perde due punti è uno scandalo mondiale”.
Il Papa – che è stato accolto nel moderno edificio a due chilometri circa da Quito da mons. Alfredo Jose Espinosa Mateus, presidente della commissione episcopale per l’educazione – ha anche ricordato il modo di Gesù di insegnare attraverso parabole, “in modo plastico” per farsi capire, non insegnare come un dottore, ma come “chi vuole arrivare al cuore dell’uomo”: in spagnolo ha usato l’espressione “doctorear”, che dovrebbe essere un suo neologismo forse traducibile con “dottoreggiare”.
Dopo la richiesta di non “girare le spalle alla nostra realtà” di inquinamento e seri problemi ambientali, Papa Francesco ha commentato: “In questo contesto universitario sarebbe bello interrogarci sulla nostra educazione di fronte a questa terra che grida verso il cielo”: “le nostre scuole – ha sottolineato – sono un vivaio, una possibilità, terra fertile che dobbiamo curare, stimolare e proteggere, terra fertile assetata di vita”. “Mi chiedo – ha detto – insieme con voi educatori: vegliate sui vostri studenti aiutandoli a sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del mondo d’oggi?”. E voi giovani sapete di essere “privilegiati”, o studiate e lavorate solo “per i soldi, il prestigio, la posizione sociale? E non per il bene comune?”. “Come generiamo e accompagniamo – ha chiesto ancora Papa Bergoglio – il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo piu’ umano?”.
“Le comunità educative – ha osservato il Pontefice in un ulteriore passaggio – hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi”. E di fronte alla “globalizzazione del paradigma tecnocratico” “ci viene chiesto che con urgenza ci si affretti a pensare, a cercare, a discutere sulla nostra situazione attuale; su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli, per i nostri nipoti. Questa terra l’abbiamo ricevuta come eredita’, come un dono, come un regalo. Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all’esistenza?”.
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